Berlusconi indica la via: “Bisogna tornare al voto”

0
67
berlusconi
berlusconi

Fisco, burocrazia, aiuti alle imprese, sostegno alle famiglie e gestione delle risorse del Recovery Fund: il governo giallorosso è del tutto immobile e sta paralizzando l’Italia.

Ecco perché Silvio Berlusconi ha più volte esplicitato l’intenzione di collaborare, ma dall’esecutivo è sempre arrivato un diniego: “Preferisce fare da solo, finora con pessimi risultati”. Una proposta di aiuto da non assimilare a un tentativo di porre le bassi per una futura maggioranza. Il Cav infatti è stato chiaro e ha indicato quella che a suo giudizio rappresenta la via maestra: “Le urne”. Nelle scorse settimane si era parlato di un possibile governo di unità nazionale, ma si tratta di uno scenario che non è mai rientrato “nel novero delle cose possibili, né di quelle auspicabili” poiché il rischio concreto potrebbe essere una “paralisi” che “farebbe male all’Italia”.

Il timore del presidente del Consiglio è che il nostro Paese possa rischiare seriamente “di sprecare la straordinaria opportunità che l’Europa ci offre con il Recovery Fund”. Il premier Giuseppe Conte aveva annunciato la volontà di partorire l’ennesima task force per gestire le risorse: pare che si affiderà a una cabina di regia politica (sulla base del modello di “Strategia Italia”) affiancata da un organismo tecnico-amministrativo che si occuperà dell’attuazione e della redazione dei progetti. Il presidente di Forza Italia è davvero preoccupato: “Non possiamo certo stare fermi in attesa del loro arrivo. Anche perché sono subordinate a progetti credibili, ai quali non si è neppure cominciato a lavorare”.
“Condanna impensabile contro di me”

Nell’intervista rilasciata a La Verità, Berlusconi ha commentato nuovamente le frasi del magistrato Amedeo Franco che avrebbe confessato di aver ricevuto pressioni per farlo condannare: “Si è trattato di una condanna addirittura impensabile perché attribuiva a me, che ero all’epoca presidente del Consiglio dei ministri e quindi totalmente impegnato nella gestione della cosa pubblica, l’ipotesi di un risparmio fiscale di sette milioni di euro”. Un’ipotesi che definisce “impossibile e totalmente assurda” perché aveva abbandonato fin dal 1994 ogni carica nelle società che aveva fondato e quella vicenda riguardava annualità del 2002 e 2003. Inoltre ha voluto ricordare che sia il Tribunale di Roma – con decisione confermata dalla Corte di cassazione – sia il Tribunale di Milano, per fatti analoghi e in tempi sovrapponibili, hanno decretato la sua “totale estraneità alla vicenda”.