“Abbiamo fatto una norma, il decreto del 5 gennaio – ha detto il ministro in una intervista pubblicata oggi su La Stampa – che dà una linea di marcia chiara: la scuola deve essere aperta e, nel caso, deve essere l’ultima a chiudere. E abbiamo definito regole precise per usare la didattica a distanza, che non può essere un provvedimento generalizzato, preso a livello regionale o comunale e senza giustificazioni. Non può valere per tutti, insomma, ma solo in situazioni specifiche”.
Parole ferme quindi anche sulla spina nel fianco del sistema scolastico in piena pandemia, quello della didattica a distanza. Per Bianchi “il ricorso alla didattica a distanza non può essere indiscriminato, ci sono regole precise da seguire” e, ha continuato, “Io non escludo né affermo niente, ma siamo pronti ad affrontare tutte le situazioni, anche quelle più estreme. In Italia abbiamo 365mila classi (…) ma il tema non è se ci sarà o meno un maggiore ricorso alla formazione a distanza. Che, comunque, non è il demonio, ma uno strumento da usare in modo specifico e per un tempo specifico”.
All’ipotesi di allestimento degli hub vaccinali nelle scuole il ministro non esclude la possibilità: “Non è una soluzione impensabile. La Puglia, ad esempio, lo sta già facendo. Vogliamo portare il vaccino il più vicino possibile agli alunni, abbiamo avviato un ragionamento con la struttura commissariale, che ci sta lavorando.
Ma bisogna tenere conto – ha continuato Bianchi – delle diverse esigenze tra la fascia 12-19 anni, in cui abbiamo il 74% dei ragazzi con la seconda dose e l’85% con la prima, quindi bisogna solo completare le vaccinazioni e i bambini più piccoli, per i quali la campagna vaccinale è iniziata da meno di un mese e i numeri sono inevitabilmente più bassi”.