Bonetti: “Classi aperte, presidio di comunità”

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Le immagini degli scontri nelle diverse città passano mentre la ministra per la Famiglia Elena Bonetti lavora perché la stretta delle misure anti-Covid non tocchi la scuola: «Dobbiamo riacquisire quella necessaria solidarietà che è stata la cifra con cui l`Italia ha affrontato la prima fase dell`emergenza. Deve essere molto chiara la consapevolezza che o ci salviamo tutti insieme o non si salva nessuno», ragiona, condannando «ogni forma di violenza».

Lei si sta battendo perché non si chiudano le scuole. Pensa sia possibile?
Con Italia Viva e con la collega Bellanova abbiamo posto la priorità che si lavori in una visione di insieme. I dati vanno identificati e resi disponibili al mondo della scienza perché possa cooperare a trovare i modelli matematici per regolare la mobilità sociale e il limitare il contagio senza chiudere le scuola. E nello stesso tempo bisogna riconoscere che c`è una dimensione integrale della vita umana, che comprende il diritto all`educazione per i ragazzi, la necessità di mantenere vivo un tessuto economico. E poi, una risposta sanitaria efficiente. Avevamo detto che l`avremmo organizzata, dobbiamo ancora farlo fino in fondo, sia sul fronte della rete di prossimità della medicina territoriale che del numero di terapie intensive e del personale.

Ma non andava fatto prima della seconda ondata?
Avevamo chiesto che venisse fatto. Il sistema sanitario nazionale si è attrezzato, ma qualche mancanza nel completamento del percorso forse c`è. Non sta a me dirlo, penso parleranno i dati. Se dovesse essere così, il punto non è che le cose dovevano essere fatte prima. Il tema oggi è che devono essere pronte adesso e bisogna attrezzarci perché questo accada. Ovviamente il fatto che nel nostro Paese le Regioni abbiano la responsabilità della sanità, dei trasporti e di altre competenze è un elemento che ha reso più difficile un processo di governo complessivo, ma è anche un percorso che chiede buona collaborazione fra tutti i livelli istituzionali. Proprio perché c`è una responsabilità condivisa, oggi non serve scaricarla gli uni sugli altri. Serve invece gioco di squadra. Abbiamo tergiversato troppo sui fondi del Mes, necessari per dare corpo a una riforma del sistema sanitario nazionale e per rispondere sia all`emergenza che in prospettiva.

Il Mes per fermare il virus?
Il tema non è il Mes in quanto tale. Faccio un esempio: ad agosto avevo chiesto per ogni istituto scolastico uffici competenti che potessero procedere a uno screening con test rapidi per evitare il caos delle quarantene. Dentro le scuole il contagio è molto basso, ma certamente il tema della tracciabilità del contagio sta subendo rallentamenti molto forti, i genitori lo sanno. Già allora mancava il personale, servivano più risorse, più macchine per processare i tamponi: il Mes serviva a questo.