CASA BENE PRIMARIO? A RISCHIARLA SONO DUE MILIONI DI FAMIGLIE

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Studio di Nomisma toglie il velo su una tragica realtà italiana: i decreti di salvaguardia susseguitisi dal 2013 a oggi hanno sì sancito la impignorabilità delle unità abitative primarie non di pregio, ma soltanto nei confronti della ex Equitalia, non anche dei creditori privati

L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. E su questo ci sarebbe già da dubitare. Ma i dubbi salgono ancora di più se il riferimento cade sul diritto alla casa, sancito di fatto nella parte prima della Costituzione dedicata ai rapporti economici e sociali.

Qui scopriamo l’amara realtà di un Paese bloccato nel mercato degli affitti e in regressione dal punto di vista della capacità di accesso e di mantenimento della piccola proprietà abitativa.

A certificarla è il rinomato centro studi Nomisma, autore di un report che nei giorni scorsi è stato presentato alla Camera dei deputati con l’obiettivo di sensibilizzare i decisori politico legislativi su un tema non adeguatamente considerato nei dibattito parlamentare ma che coinvolge due milioni di famiglie piccole proprietarie in regime mutuatario.

Quanto sta accadendo – premette il report – è la conseguenza di un effetto diretto delle politiche monetarie restrittive della Banca centrale Europea che ha elevato reiteratamente il costo del denaro in funzione anti-inflazionistica con un ribaltamento progressivo dei tassi passivi variabili sui mutui contratti quando tale tipologia era assai conveniente nel tempo del quantitative easing.

Purtroppo, sebbene siano stati introdotti degli strumenti volti a semplificare e rendere molto meno oneroso e più automatico il passaggio dal variabile al tasso fisso, molti nuclei famigliari, in quanto titolari di requisiti ISEE superiori alla soglia massima ammessa dalla legge oppure già in precedenza sofferenti, non hanno potuto beneficiare di tale norma di maggior favore. Una situazione che ha finito per coinvolgere due milioni di mutuatari la cui posizione debitoria permane, seppure in maniera residuale ma in ogni caso significativa, anche dopo che l’ex immobile di proprietà sia stato messo all’asta e ivi collocato con successo.

Questo avviene sostanzialmente per due ordini di motivi: il primo, perché il decreto Letta del 2013 stabilisce il principio di impignorabilità dell’abitazione principale, non di pregio, solamente nei confronti dell’ex Equitalia, oggi agenzia delle entrate riscossione, ma non anche verso i creditori finanziari diversi; il secondo, in quanto vi è in Italia una scarsissima educazione finanziaria e debitoria che porta moltissime persone e famiglie a non attivare da subito i campanelli d’allarme, previsti dalla legislazione in materia di esdebitazione e di esdebitamento (la famosa legge Monti del 2012 poi integrata nel codice di composizione della crisi), e a venire attenzionate dalle Istituzioni solo quando oramai la procedura è nel frattempo giunta a un punto di non ritorno o quasi.

L’incidenza dei mutuatari che hanno subito, non di rado per cause non dipendenti dalla volontà degli istituti creditizi, il passaggio della rata dall’importo di base fin sopra i 700 euro mensili, è passata dal 27 al 40 per cento in soli dodici mesi, mentre il 4 per cento delle famiglie titolari di mutui casa potrebbe capitolare a breve e vedersi l’ufficiale giudiziario alla porta di casa da un momento all’altro.

Una piaga sociale su cui il ministero delle infrastrutture, guidato dal ministro leghista Matteo Salvini, appare nella migliore delle ipotesi insensibile, non avendo previsto alcun fondo ristorativo per i piccoli proprietari sovra indebitati, dopo avere cancellato gli aiuti agli inquilini morosi incolpevoli.

Dir politico Alessandro Zorgniotti