IL CASO D’ALEMA PONE DOMANDE

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Suscita interrogativi la vicenda di Massimo D’Alema

A cui la Fondazione dei socialisti europei ha chiesto la restituzione dello stipendio ricevuto con una citazione in giudizio.
D’Alema ha detto che si è trattato di “una vendetta politica e personale”. La Feps ha detto che D’Alema ha ricevuto illecitamente quei soldi. Ricordiamo che la Feps è la rete delle fondazioni dei socialisti europei ed è finanziata con soldi dell’Unione Europea.
L’ex-premier italiano ha detto di aver ricevuto questi pagamenti per l’attività svolta dal 2013 al 2017, mentre nei tre anni precedenti, quando era parlamentare, l’ha svolta gratis. L’allora segretario generale Ernst Stetter – continua D’Alema – gli propose un contratto con clausola di esclusività, per attività che, dice, “andavano al di là della mia normale attività di presidente”.
La Feps è una fondazione europea e, come recita il regolamento finanziario al capitolo VIII, “può ricevere finanziamenti dal Parlamento europeo. Il finanziamento è erogato sotto forma di sovvenzione di funzionamento. La sovvenzione può coprire fino all’95 %”. E, ancora, leggendo il regolamento: “Le norme relative al finanziamento sono stabilite da un regolamento adottato dal Consiglio e dal Parlamento a norma dell’articolo 10, paragrafo 4, del trattato sull’Unione europea e dell’articolo 224 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea”.

Com’è possibile che un contratto sottoscritto con una fondazione europea, che riceve i soldi dall’UE possa risultare irregolare? Come mai dal 2013 al 2017 nessuno si era accorto di nulla? Può essere una vendetta, come dice D’Alema, arrivata con calma. Ma dal 2013 nessuno si era accorto di niente?