C’è una cosa da fare subito: la legge elettorale

0
58
elezioni

L’ennesima settimana decisiva per la legge elettorale potrebbe essere iniziata ieri. Quando il vicesegretario del Pd Andrea Orlando ha avvicinato Giuseppe Conte a margine del vertice sul decreto Semplificazioni e gli ha ricordato il patto su cui si regge la maggioranza: “Noi abbiamo detto sì al taglio dei parlamentari, ma nel quadro di un accordo che prevede la riforma della legge elettorale, su quello non si può aspettare settembre”. Il premier ha ascoltato, ha spiegato, come ha sempre fatto, che il tema è una prerogativa del Parlamento, ma non si è sfilato e ha assicurato che il dossier viene monitorato da vicino anche da Palazzo Chigi.

Il Partito democratico ha rotto gli indugi, e con il capogruppo Graziano Delrio ne ha chiesto la calendarizzazione alla Camera entro fine luglio, ottenendola per il 27. Potenzialmente una mina. Perché a Montecitorio sulla legge elettorale sono previsti una serie di voti segreti. E perché è ormai evidente che a Italia viva il modello su cui è basato l’accordo non va bene. O almeno non va più bene, perché quando si arrivò all’idea di un proporzionale con collegi relativamente piccoli e uno sbarramento al 5% Matteo Renzi diede il via libera.

Si era agli albori della nuova cosa renziana. “Matteo – spiega un suo compagno di partito – era convinto di poter attrarre sotto la sua ala europeisti e riformisti. Ma poi con Azione e +Europa le cose non sono andate bene, i sondaggi li vedete pure voi, e capite bene che quella legge sarebbe per noi un suicidio”. Senza contare che nelle forche caudine del voto segreto si annidano anche una serie di potenziali franchi tiratori di Leu, quella parte della sinistra che coltiva ambizioni di una corsa solitaria e che con la soglia così in alto si troverebbe dinanzi una montagna non scalabile.

Il pressing di Orlando e la richiesta di Delrio fanno leva sì sul rispetto degli accordi presi, ma evidenziano anche il timore che la maggioranza tanto a lungo non regga. La scommessa è che prima dell’estate il quadro tenga, perché la richiesta avanzata da Orlando al premier è che la legge venga approvata almeno in prima lettura. E’ l’autunno la grande incognita. Arrivarci con una legge elettorale approvabile in qualche settimana è un conto, con un cantiere ancora aperto è tutt’altro. Il tutto con l’ombra di un Renzi al quale tutto sommato non dispiacerebbe tornare alle urne con l’attuale sistema.

La matassa si ingarbuglia sempre più. L’assenza di voti segreti al Senato rende paradossalmente la Camera il terreno più scivoloso. Non c’è la fiducia, ma uno scivolone in un quadro di intrinseca fragilità del governo sarebbe pericolosissimo. E’ qui che le valutazioni all’interno dei Dem divergono. La valutazione di Delrio e di Orlando fa affidamento nel soccorso azzurro. Forza Italia ha tutto l’interesse alla modifica della legge elettorale. “Ma siamo sicuri che forzerà la mano con gli alleati in modo così clamoroso a ridosso delle regionali?”, spiega chi nel partito diverge nell’analisi. Finite le audizioni, la controprova la si avrà in Commissione dall’atteggiamento di Italia viva. “Ma attenzione – dicono i 5 stelle – Renzi potrebbe farla passare senza troppi scossoni per preparare la trappola in Aula”. L’obiettivo, centrato, è stato comunque quello di aprire le eventuali danze dopo il 20 luglio, quando si chiuderà la finestra per un ipotetico accorpamento del voto nazionale con le elezioni regionali.

Rimane il fatto che il fiume carsico del tema elettorale si prepara a diventare terreno di un nuovo scontro. A mettere tutti d’accordo potrebbe essere l’ingolfamento dei lavori parlamentari. “Certo è che se arrivassimo con tanti decreti da approvare – spiega sornione un Dem – avrebbero la precedenza sulle leggi ordinarie. A quel punto il rinvio sarebbe una decisione non più politica ma meramente tecnica…”.           (Pietro Salvatori – huffingtonpost.it)