Chiudersi in casa non risolve e fa crollare l’economia

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“Chiudere tutte le attività che non sono vitali” è oggi la principale proposta di Salvini per l’emergenza del virus e finora, ad ogni blocco di attività e circolazione degli italiani proposta dal governo, Salvini ha fatto seguito chiedendo più chiusure: alza la posta. Il governo ascolta e dispone. L’opposizione, insomma, non fa opposizione, ma concorrenza al governo.

La legge marziale, l’esercito e il blocco totale di un’economia di un paese non sono stati raccomandati all’Italia da nessun epidemiologo di livello mondiale o report di esperti internazionale. Tutto quello che sta avvenendo è una reazione dei nostri politici – tanto di governo che di opposizione – supportati da un certo numero di esperti che finora hanno anche commesso errori evidenti.

Gli epidemiologi hanno tra l’altro opinioni divergenti tra loro, quelli del governo prima hanno escluso che fosse necessario bloccare e mettere in quarantena chi tornava dalla Cina e anche detto che non c’era rischio di diffusione. Quando gli eventi hanno smentito le loro previsioni hanno messo in quarantena sessanta milioni di persone e però non sanno dirci molto se non che non facciamo ancora abbastanza restrizioni.

Secondo i report dell’OMS e dell’Imperial College di Londra (seguito dal governo inglese e americano) impedire alla gente di uscire di casa e di andare a lavorare è una misura sproporzionata e di effetto poco rilevante per contrastare il virus. Se la prolunghi infatti per mesi, a differenza di quanto ha fatto la Cina, l’economia collassa completamente. Se la togli dopo un paio di mesi senza aver rintracciato, testato e isolato tutti o quasi tutti i portatori del virus, appena la gente torna tutta fuori il virus torna a diffondersi e ci sarà una seconda ondata. È il gatto che si mangia la coda.

Molti esperti semplicemente dicono che non abbiamo abbastanza dati per sapere cosa succede, così John Ioannidis, top epidemiologo professore a Stanford, che ha appena pubblicato in “Stat news” un articolo che sta facendo molto discutere A fiasco in the making?, per dire che potrebbe trattarsi di un “epic fiasco” , qualcosa che spaventa e paralizza il mondo intero per poi risolversi come la Sars e altre epidemie. Per cui avverte che occorre molta cautela prima di paralizzare un’ economia.

Un’ epidemia come questa non si diffonde per via aerea, ma per contatto con “goccioline” emesse da bocca e naso che poi devi toccare da qualche parte e secondo l’OMS i veicoli di diffusione sono la propria casa (nel 75% dei casi, stando a quanto rilevato in Wuhan) e gli ospedali. Nelle sfortunate province lombarde, come evidenziato in una lettera aperta dall’ex direttore Direttore sanitario di ASL lombarde a Ilaria Capua “la gestione dei pazienti infettivi ha condotto ad attivare ospedali misti …l’infezione sia stata poi diffusa negli ospedali e un numero elevato di personale sanitario ne sia stato contagiato. E sappiamo che gli stessi, per lavoro, hanno numerosi e significativi contatti con il resto del personale e i malati che si rivolgono a loro. Oltre ai familiari, che risultano anche loro contagiati, creando piccoli cluster familiari.E dopo appena 30 giorni, i pochi casi sono diventati una vera epidemia.

Abbiamo provato a indicare su questo giornale esperienze in Israele o Corea e altri paesi asiatici che usano un approccio diverso, selettivo. In Italia si continuano a disperdere energie e risorse per impedire a sessanta milioni di italiani di uscire di casa e ora di lavorare e non si usano risorse per sistematicamente rintracciare 50 o 100mila persone contagiate da isolare in quarantena vera e totale. Continuiamo a farci inutilmente del male…

L’altro aspetto macroscopico è la differenza enorme tra zone dell’Italia che richiederebbero un trattamento differenziato. A Lodi, Bergamo, Cremona o Piacenza le percentuali di decessi sono 100 volte maggiori, ma tutti gli italiani devono stare agli “arresti domiciliari” anche a Palermo, Cagliari, Bari, Napoli, Roma. In Lombardia ci sono stati finora 3,100 decessi, quindi uno ogni 3,200 abitanti e in Campania solo 22, cioè uno ogni 264 mila abitanti, come la Francia o l’Olanda, dove tutti continuano ad andare lavorare. Man mano mano passano i giorni la maggioranza degli italiani penserà sempre più agli enormi danni economici del “lockdown”, cioè smettere anche di lavorare e chiudere tutti in casa, cosa che i cinesi hanno limitato ad una piccola provincia di Hubei. Senza contare che Corea, Giappone, Hong Kong, Taiwan, Singapore non hanno mai vietato di uscire di casa e non hanno fatto chiudere tutto.

Le stime del “buco” nel PIL che stiamo scavando in questo modo sono di almeno 200 miliardi entro giugno, cioè il PIL da 1,800 crollerà intorno a 1,600 miliardi. Se come è successo per tutte le altre ondate di influenza dopo il 1919, tra due o tre mesi l’epidemia si attenua e diventa una delle tante che circolano, il risultato sarà di aver ridotto in miseria milioni di persone, con il consenso di tutte le forze politiche.

Che milioni di persone in Sicilia o Campania escano in spiaggia o in Toscana e Umbria salgano in collina o a Bologna o Torino vadano a lavorare, ha poco a che fare con la diffusione di un’epidemia che si trasmette con il contatto di mani o bocca con qualcosa che è stato emesso da una persona contagiata, come avviene prevalentemente appunto in casa e in ospedale. Ad esempio molti di noi si chiedono come mai negli ospedali asiatici vedi medici e infermieri coperti da uno scafandro da astronauta e i nostri invece portano solo mascherina e guanti.

La responsabilità del contagio risiede innanzitutto in chi non ha bloccato e isolato in febbraio tutti coloro che arrivavano dalla Cina, italiani o cinesi e su questo non si può più fare niente. Poi sfortunatamente, nella gestione di alcuni ospedali in alcune province, indeboliti peraltro da dieci anni di austerità che hanno inciso pesantemente sulla spesa sanitaria.

Perché ora in Asia il contagio è finito, perché in Germania ci sono pochi decessi, perché in Lombardia 3,100 decessi e in Campania solo 27, tutto questo i nostri esperti non se lo chiedono. Va ricordato inoltre che in Italia i decessi da influenza oscillano tra dicembre e marzo tra 15 e 30 mila l’anno e quest’anno sono molto meno del solito. Nel 2017 ad esempio, nel mese di gennaio ci furono 25mila decessi per influenza, quasi tutti di anziani e persone malate come avviene. Ma chi diffonde questo dati è considerato un untore, perché non si rende conto che oggi siamo di fronte all’apocalisse. E non bastano neppure le fabbriche chiuse ci vorranno presto anche i carri armati per le strade.

Il professor Ioannidis ha scritto che il coronavirus è come un gatto che si è attaccato ad un elefante e questo per sbarazzersene ha finito col cadere in una scogliera.                                                                    di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi