“Ci volevano più aperture progressive magari a cominciare proprio dal Sud”

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Teresa Bellanova, ministra delle Politiche agricole e capodelegazione di Italia Viva, il decreto che porta al 3 maggio il lockdown è frutto di molte mediazioni: voi chiedevate maglie più larghe e minori restrizioni per una fascia più ampia di categorie produttive. Perchè?
«Per una questione di metodo e merito. Il Paese ha compreso perfettamente le ragioni dell’emergenza. Lo attestano anche gli ascolti delle conferenze di Borrelli. Chi governa ha un compito diverso, più difficile: dare prospettive fare le scelte. Dall’inizio ho detto. fronteggiare l’emergenza, mettere a dimora il dopo. Accade se si progetta e programma per tempo come riorganizzare il Paese e soprattutto i luoghi della produzione e del lavoro oltre che della socialità. Non si può uscire dall’emergenza sanitaria e trovarsi il baratro davanti. La sicurezza economica è prioritaria quanto quella sanitaria. Ne va della tenuta sociale».

Ma le indicazioni degli epidemiologi sono chiare: meglio allungare i tempi del lockdown per evitare una nuova impennata dei contagi. Accelerare la fase2 rischia di essere da irresponsabili.
«Nessuno vuole accelerare, tantomeno in modo irresponsabile. Artigiani, piccoli commercianti, partite Iva, professionisti, tutti quelli, soprattutto donne, che fino a ieri si occupavano nelle nostre case delle persone anziane, oggi sono alle prese con difficoltà enormi, non hanno più guadagni. Ci sono intere dorsali produttive in affanno, aziende che non possono evadere consegne e temono di perdere posizioni guadagnate in anni di lavoro. E parliamo sia delle produzioni interne che per l’export. Tutto questo ha bisogno di prospettiva, risposte, strategie, nuova organizzazione».

E allora quale percorso dovrebbero seguire le riaperture? Per aree geografiche? Per fasce produttive?
«Ho proposto un percorso programmato e progressivo, sulla base di dati epidemiologici territoriali, garanzie sui presidi di sicurezza per i lavoratori e del distanziamento sociale, organizzazione delle filiere produttive, tipologie aziendali, questioni legate alla mobilità. Registro che il presidente Conte lo ha fatto suo nella conferenza stampa di venerdì».

La Puglia (e il Sud) non fa registrare crescite esponenziali dei contagi: può “candidarsi” a una riapertura anticipata rispetto ad altre regioni?
«Ce lo diranno gli esperti. Io osservo che tra le regioni esistono differenze sostanziali di cui bisogna tenere conto. E comunque non bisogna avere paura di un Sud che riparte. Una classe dirigente meridionale attenta ai temi dello sviluppo, oltre che della salute, coglierebbe l’occasione per riavviare pezzi di attività produttive. Se ripartiamo dalle zone meno contagiate, diamo un aiuto alla competitività di tutto il Paese e il Sud diventa un polmone produttivo».

Il governo ha nominato un comitato di esperti per la fase2: mossa tardiva?
«Gli esperti sono importanti, e non discuto le professionalità chiamate a comporre il comitato. Vhi governa ha però il compito di indicare la rotta, una responsabilità indelegabile. L’imperativo è avere avere una strategia precisa, con l’attuazione di quanto necessario perchè le attività possano riprendere. Il tempo non è una variabile indipendente. Meglio investire risorse per rendere sicuri i luoghi di lavoro e ridurre il rischio della mobilità piuttosto che per mantenere chiuse le aziende e tenere le persone a casa. Altrimenti questo problema non lo risolveremo mai».

La “Covid tax” proposta dal Pd è, di fatto, un provvedimento di redistribuzione: misura di sinistra?
«I cittadini, le aziende, i territori, hanno bisogna di nuova fiducia, non di nuove tasse. Per questo faccio appello ha chi ha risorse perchè le invesata nella patrimonializzazione delle imprese».

Intanto però le risorse stanziate dal governo sembrano virtuali. La burocrazia blocca l’accesso ai contributi e ai prestiti garantiti.
«Quel decreto deve essere immediatamente esigibile, la liquidità disponibile quanto prima. Avevamo chiesto e ci batteremo per avere meccanismi veloci, automatici, procedure semplificate, zero burocrazia. E vanno sbloccate subito le risorse per gli investimenti già previsti, come chiediamo con “Italia Shock”. Per giorni si è discusso su chi dovesse controllare Sace: avrei utilizzato il tempo per capire come garantire subito persone, famiglie, imprese. Mentre oggi Bankitalia raccomanda alle banche di estendere anche su base volontaria le misure varate, e anche per categorie di persone e tipologie di rapporti contrattuali al momento non compresi nei provvedimenti».

Governo e Regioni potevano agevolare la produzione locale di mascherine. Aiutando le imprese e garantendo l’enorme fabbisogno interno.
«Mi riferivo anche a questo quando parlavo di investire sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. Oggi siamo nelle condizioni di garantire a tutti una mascherina? E’ questa la scommessa. Nè possiamo sottoporre i dpi ai normali iter di produzione e certificazione: occorre semplificare. Con le sole importazioni non riusciremo mai a supplire. Avremmo dovuto per tempo, come avevo proposto fin dall’inizio, mobilitare e se necessario investire risorse nei settore biomedicali oltre che per realizzare le mascherine».

L’accordo sul Mes vi soddisfa? Quali istanza portare in Europa?
«Abbiamo ottenuto un Mes senza condizionalità per interventi sul sistema sanitario. Dire “mai il Mes” significa precluderci questa strada. In Europa serve più coraggio e visione. Questa è una crisi globale senza precedenti, nessuno si salva da solo. E proprio per questo ho chiesto un Piano straordinario per l’agricoltura con risorse extra Pac e misure altrettanto starordinarie per la pesca».