COME AVREMMO REAGITO NELLA PRIMA REPUBBLICA CON IL PANE A 10.000 LIRE AL CHILO?

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Panifici messi ko dal caro prezzi, la Confcommercio chiede al Governo il loro inserimento nel regime delle imprese energivore che possano essere beneficiate dagli aiuti contro i salassi energetici

A lievitare non è più la farina, sono soltanto i costi che poi si riversano sui listini finali applicati nei negozi al dettaglio, nelle botteghe sotto casa.

Sebbene le quotazioni internazionali del frumento, dopo i significativi rialzi seguiti alla prima fase della guerra russa in Ucraina, abbiano subito delle oscillazioni tali però da determinare una stabilizzazione media dei loro valori, se non in alcuni casi un ritorno degli stessi alle fasi preesistenti, il dato finale sulla pelle e sui portafogli dei consumatori e delle famiglie appare catastrofico: un prezzo medio che supera i 5 euro al chilogrammo di prodotto finito panificato, con punte che raggiungono gli otto se non i dodici euro. Facendo dell’alimento di base per eccellenza, simbolo di nutrizione essenziale delle persone, un bene non più accessibile in via generalizzata e universale.

Se prima un ruolo drammatico è stato svolto da un conflitto che ha aggredito, e sta aggredendo, il Paese ex sovietico soprannominato a ragione il granaio d’Europa, adesso altrettanto tragici sono gli effetti giocati dalla siccità e da bollette energetiche su cui i benefici del price cap, il tetto massimo applicato al prezzo del gas importato dalla Russia, stentano ad attecchire e a tornare a fare respirare gli operatori della panificazione e, di conseguenza, i clienti delle panetterie.

Così purtroppo non sta avvenendo, e la Storia, quella con la esse maiuscola, insegna che le grandi rivoluzioni epocali sono avvenute in ogni secolo – dalla Francia monarchica fino ai Paesi dell’est Europa sotto il giogo comunista – a causa della penuria di pane. E nel caso odierno pure le brioches possono fare ben poco.

L’Italia, similmente agli altri Paesi dell’Unione Europea, storicamente importatori di frumento e di grano duro, ha cercato di diversificare le fonti e le aree di approvvigionamento, per bypassare il gioco di una speculazione che rimane finanziaria e che ha utilizzato il dramma della guerra russa in Ucraina per fare schizzare i prezzi dei futures sulla piazza centrale di Chicago (che per determinare i listini della materia prima agricola in oggetto ha la stessa importanza della borsa di Amsterdam per il prezzo del gas); e ciò nonostante che in significativa parte dipendessimo dalle forniture del Canada.

Tra i provvedimenti assunti, ma che ragionevolmente non possono apportare benefici immediati, vi è quello relativo all’autorizzazione alla estensione delle superfici rurali da riassegnare a coltivazione cerealicola, recuperando aree un tempo dichiarate edificabili e stabilendo incentivi finanziari e fiscali agendo sulla leva dell’Imu.

Purtuttavia, il susseguirsi delle emergenze ha causato una continua crescita dei costi di approvvigionamento e di lavorazione, e quindi dei prezzi al dettaglio.

Obbligando un numero crescente di panificatori, soprattutto tra quelli di piccola dimensione organizzativa laddove l’incidenza dei costi unitaria si fa più alta e insostenibile, a sospendere o cessare la propria attività, talvolta ponendo fine a una conduzione intergenerazionale.

L’associazione di categoria Confcommercio, a livello centrale, ha calcolato che – in assenza di misure correttive di parte governativa e stante lo scenario internazionale ostile, sul duplice versante bellico e climatico – “quest’anno il settore potrebbe perdere fino a 1350 botteghe e laboratori di panificazione e 5300 occupati, su un totale rispettivamente di 25mila imprese attive e di 90mila addetti, con i costi che in molti casi risultano addirittura quadruplicati al confronto con il 2021”.
I panificatori hanno al Premier Giorgia Meloni e ai Ministri economici di poter essere inclusi tra le aziende energivore, così da poter usufruire di agevolazioni per pagare le bollette in misura ridotta.

Dopo la benzina, scoppierà uno sciopero del pane, con una estensione su base nazionale delle significative agitazioni sociali partite da Napoli e dalla Regione Campania e di cui quasi nessun giornale ha mai parlato?

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI