Condominio – l’assemblea in videoconferenza: spunti di riflessione

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La storia – talmente recente da poter essere considerata ancora cronaca – è mota: con il c.d. Decreto agosto – cioè il D.L. 14.8.2020 n. 104, convertito con modifiche dalla L. 13.10.2020 n. 126, in vigore dal 14 ottobre 2020 – è intervenuto sulle modalità di convocazione e svolgimento delle assemblee condominiali, introducendo espressamente la possibilità che l’assemblea condominiale si svolga da remoto.
C’è stato poi un repentino ripensamento: la norma di agosto / ottobre è stata successivamente modificata – a opera del D.L. 7.10,2020 n. 125, convertito con modifiche dalla L. 27.11.2020 n. 159 – nel senso di prevedere che la legittimità dell’assemblea in videoconferenza derivi dal consenso non di tutti i condomini, ma della maggioranza dei medesimi.
La nuova norma è scritta molto male, ma si può tentare di interpretarla meglio

Il “nuovo” art. 66 disp. att. cod. civ.

Oggi l’art. 66 disp. att. cod. civ., nei suoi terzo e sesto comma, recita così:
“L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell’ora della stessa. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati”.
“Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso della maggioranza dei condomini, la partecipazione all’assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza. In tal caso, il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, è trasmesso all’amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione”

Elementi certi e elementi incerti

Al netto della previsione circa la videconferenza, il legislatore ha lasciato tutto com’era e, quindi, non avrebbe senso parlare qui dell’avviso di convocazione come “emerso” dalla riforma del condominio del 202/2013. Così come non avrebbe senso trattare quegli aspetti che appaino chiari, consolidati e addirittura pacifici, quali il potere dell’amministratore di scegliere il giorno, l’ora e l’ordine del giorno dell’assemblea.
In merito alla legittimità dello svolgimento dell’assemblea da remoto, è certo che questa specifica modalità di svolgimento dell’assemblea può essere adottata in pianta stabile dal condominio attraverso l’inserimento di una specifica clausola nel regolamento condominiale.
E’ parimenti certo che, fatta salva l’improbabile e non raccomandabile esistenza di una precisa indicazione nel regolamento, la scelta della – per usare le parole del legislatore – “piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione” compete in via esclusiva all’amministratore. Esattamente come a quest’ultimo spettava prima – e ancora spetta, oggi, per le assemblee tradizionali o “in presenza” – la scelta del luogo in cui l’assemblea deve svolgersi.
E’, infine, certo – viene da dire scontato – che la “piattaforma elettronica” di cui dianzi dovrà consentire il contestuale collegamento e la piena interattività di tutti – sempre per usare le parole scelte dal legislatore negli artt. 1136 cod. civ. e 66 disp. att. cod. civ. – gli “aventi diritto”.
Nel silenzio della normativa devono, invece, costituire oggetto di interpretazione – e cioè di integrazione per via interpretativa – altri aspetti, quali – è solo un esempio – la maggioranza necessaria per il citato inserimento, nel regolamento condominiale, di una specifica clausola sulla videoconferenza. Così come – è un altro esempio – si dovrà ragionare, per chiarirle, sulle modalità di redazione, firma e trasmissione del verbale dell’assemblea svoltasi da remoto.
Qui si vuole “puntare il riflettore” unicamente su due specifici aspetti della nuova normativa, entrambi previsti dal – e relativi al – sesto comma del più volte citato art. 66 disp. att. cod. civ..

Due spunti di riflessione

I due specifici aspetti di cui poc’anzi sono:
a) la maggioranza dei condomini necessaria per legittimare – in assenza di clausola regolamentare – l’assemblea in videoconferenza;
b) il tempo e la modalità in cui questa maggioranza può e deve esprimere il suo consenso a tale assemblea in videoconferenza.

Con ordine:

per quanto sub a)
Si parta dal dato normativo: la disposizione parla di “previo consenso della maggioranza dei condomini”.
Cosa deve intendersi esattamente? A quale maggioranza bisogna fare riferimento?
Per quanto consta a chi scrive, una larga parte di interpreti ritiene che in questo caso il legislatore abbia “abdicato” alla tradizionale doppia maggioranza [“teste” e millesimi di proprietà] tipica della normativa in materia di condominio e che si debba avere riguardo unicamente alla maggioranza delle “teste” e cioè al 50% + 1 dei condomini.
Chi scrive non è d’accordo con tale “lettura” e questo per due ragioni:
• non si riesce a individuare un buon motivo per la ricordata “abdicazione” (che costituirebbe, nell’ampio contesto della materia condominiale, un ingiustificato e immotivato unicum);
• non avrebbe senso, soprattutto sul piano pratico, prevedere la possibilità che la modalità della videoconferenza sia legittimata da un numero di condomini del tutto privo della possibilità di adottare, durante quella stessa assemblea, alcuna deliberazione.
A tale ultimo riguardo un esempio può aiutare a capire:
• si pensi a un condominio con dieci partecipanti, sei dei quali, complessivamente titolari di 300/1.000, esprimono il loro consenso alla videoconferenza;
• l’assemblea viene convocata su piattaforma digitale;
• in assemblea, quegli stessi condomini che l’hanno resa possibile non riescono – stante l’assenza della maggioranza dei millesimi – ad adottare neanche una delibera.
A sommesso avviso di chi scrive sarebbe più logico, più coerente, più “organico” con la normativa in materia condominiale e, infine anche più pratico ritenere che anche in questo caso la parola “maggioranza” faccia riferimento alla tipica doppia maggioranza.
E ancora
Le norme vigenti in materia di condominio – ci si riferisce essenzialmente all’art. 1136 cod. civ. –stabiliscono che, fatti salvi i casi di specifiche materie, espressamente menzionate dalla legge, la maggioranza normale / ordinaria sia quella c. d. “semplice” e cioè 50% + 1 degli intervenuti in assemblea e 334/1.000. Detto altrimenti: che, in assenza di una specifica previsione di legge, le delibere siano approvate se votate dal 50% + 1 degli intervenuti in assemblea, titolari di 334/1.000
Questa, pertanto, deve essere la “maggioranza dei condomini” di cui al sesto comma dell’art. 66 disp. att. cod. civ..

per quanto sub b)
La disposizione prevede la legittimità – derivante, si è visto, dal previo consenso della maggioranza dei condomini – della “partecipazione all’assemblea” in videoconferenza e non della sua convocazione.
Per quanto consta, la maggior parte degli interpreti pensa ad un consenso scritto, che l’amministratore raccogliere prima di convocare l’assemblea.
Fermo il fatto che il consenso scritto manifestato prima della convocazione dal 50% + 1 dei condomini, titolari di almeno 334/1.0000 pone al riparo da ogni possibile dubbio e/o censura, chi scrive ritiene che esista un altro scenario, ugualmente legittimo perché coerente con il dato normativo.

In buona sostanza: si può forse considerare legittimo che l’amministratore convochi – autonomamente e senza preventivo consenso di nessuno – l’assemblea in videoconferenza e che nel giorno e nell’ora a tale scopo fissati i condomini collegati (e, quindi, presenti), prima ancora di verificare la regolarità e completezza delle convocazioni, esprimano e facciano mettere a verbale il loro consenso allo svolgimento dell’assemblea in videoconferenza.

avv. Marco Ribaldone