Cos’è cambiato: Le porcate, gli autori… e quindi?

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Anni fa Di Battista denunciava le porcate e gli dicevano che era un grande, adesso denuncia le porcate e gli stessi lo mandano a fanculo

Cos’è cambiato,  Di Battista?

No, non all’apparenza almeno, avendo conservato intatti sia il tono che il modus operandi.

Le porcate?

No, quelle mai, se c’è una costante monolitica in questo Paese è proprio l’immutabilità della porcata, vero marchio di fabbrica e patrimonio da valorizzare al pari di arte, storia e tradizione culinaria.

Gli autori?

Nemmeno, a parte qualche nome (o prestanome) le facce sono sempre le stesse o si somigliano parecchio, senza bisogno di scomodare Freud o Lombroso.

Cos’è diverso quindi?

L’unica differenza consiste negli individui che, pur non direttamente responsabili delle azioni incriminate, fanno spallucce rivolgendo lo sguardo altrove o al massimo relegando l’indignazione al mero aspetto verbale. Mentre un tempo tali atteggiamenti venivano stigmatizzati come complicità, inedia, omertà dettata da opportunismo e necessitavano di punizioni esemplari, adesso incorrono in miliardi di giustificazioni ed attenuanti richiedendo comprensione, solidarietà ed empatia.

È questo a non capire il buon Alessandro, il “momento differente” che giustifica i mezzi, il benaltrismo elevato a mantra, la briciola gustosa che annulla la curiosità sulla provenienza della pagnotta ma soprattutto sulla sua destinazione. In pratica si è perso il passaggio dalla ferrea opposizione scenografica al machiavellico compromesso governativo, coinciso con l’urgenza di girare il mondo assieme alla famiglia per realizzare i suoi sogni di cronaca e bricolage.

Al suo ritorno la frittata era già bella e pronta, come pretendere adesso di rimetterla dentro le uova? Se fosse rimasto allora avrebbe fatto la differenza o si sarebbe adattato anche lui?

Non lo sapremo mai, ma l’unica certezza è che oggi sarebbe più facile incidere fotografando indiani e beduini piuttosto che insistere nel voler inculcare buon senso e spirito di ribellione negli italiani.

Con quelli tanto è tempo perso…

Bartolomeo Prinzivalli