“Così il trasporto aereo può rinascere dopo l’emergenza”

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Il settore del trasporto aereo azzerato dal virus, gli aeroporti desolatamente vuoti e migliaia di lavoratori in cassa integrazione, da Rimini a Napoli a Catania. E, ancora, poche idee su come rilanciare la compagnia di bandiera, l’Alitalia, che qualcuno vorrebbe pure ridimensionare. Come uscire dalla crisi in cui il settore – il più colpito assieme al turismo – è precipitato a causa dell’emergenza sanitaria? Lo abbiamo chiesto a Fabrizio Cuscito, 45 anni, segretario della Filt – la categoria dei trasporti della Cgil – che coniuga la sua attività di sindacalista di livello nazionale con quella di pilota.

Cuscito, pilota in attività e sindacalista. Ci vuole un fisico bestiale…

Fisico bestiale direi di no, chiaramente la doppia attività è abbastanza impegnativa, ma quando una persona ha la fortuna di poter fare quello che lo appassiona è sicuramente tutto più semplice. Durante la settimana svolgo dal lunedì al venerdì attività sindacale, e nei weekend e durante le festività svolgo l’attività di volo, poi grazie all’aiuto delle nuove tecnologie è possibile essere sempre operativi per le necessità sindacali anche se si è dall’altra parte del mondo, fuso orario permettendo.

Il settore del trasporto aereo è stato azzerato dal virus. Come ne veniamo fuori?

Il trasporto aereo è sicuramente insieme al settore del turismo uno dei più colpiti economicamente dall’emergenza, le stime di ripresa dell’attività sono chiaramente in questo momento alquanto incerte e comunque si prevede che i livelli di attività pre coronavirus possano essere raggiunti non prima di due anni. Il settore prima della crisi aveva uno sviluppo quasi esponenziale ed erano previsti degli aumenti di attività annuale quasi sempre in doppia cifra, questo fa ben sperare per la possibile ripresa magari con ritmi meno accelerati ma sempre in crescita. Un elemento però che deve essere assolutamente sottolineato è che, precedentemente la crisi da coronavirus, il trasporto aereo produceva molta ricchezza, che veniva però distribuita male, cioè molte risorse solo per pochi attori del mercato. Dopo la crisi è necessario che ogni attore del mercato invece si assuma le sue responsabilità ed è assolutamente necessario che si rivedano le normative ed i contratti affinché ci sia una redistribuzione della ricchezza nei confronti di coloro che hanno sempre avuto di meno che oggi come non mai e non possono essere lasciati soli. E’ necessario quindi che si intervenga per esempio in una operazione che ridistribuisca i grandi profitti dei gestori aeroportuali rivedendo le tariffe, e altresì rivedendo anche le norme che hanno permesso alle grandi compagnie low cost di fare profitti, spesso sulle spalle dei lavoratori, considerando il nostro paese come un territorio di conquista con la conseguenza che gli enormi profitti generati grazie al mercato italiano venivano puntualmente portati all’estero e mai reinvestiti in Italia.
cuscitolandini

Qual è la situazione negli aeroporti italiani?

Gli aeroporti italiani in questo momento sono desolatamente vuoti, molti sono chiusi per via delle norme emesse dal ministero dei trasporti susseguentemente alla crisi ed i grandi aeroporti che sono rimasti aperti hanno dei volumi di traffico bassissimi. Tutto ciò ha prodotto la richiesta di utilizzo di ammortizzatori sociali, da parte di tutte le aziende del settore partendo dalle compagne aeree e passando per i gestori aeroportuali fino ad handling e Catering che sono i settori più poveri della filiera.

Quali tutele sono state state garantite ai lavoratori e in particolare agli stagionali?

Purtroppo i decreti legge emessi successivamente all’inizio della crisi non si sono rivelati idonei per il settore del trasporto aereo. Questa situazione paradossale ha fatto sì che i nuovi strumenti di ammortizzazione sociale non fossero applicabili al settore (in cui di conseguenza si applica ancora la cassa integrazione straordinaria per crisi) ciò ha prodotto un grave danno soprattutto ai lavoratori a tempo determinato per i quali non è stato possibile accedere a nessun tipo di ammortizzatore sociale. Abbiamo fatto numerose richieste alle Istituzioni sia livello nazionale che ai livelli regionali per sanare questa assurda situazione. È impensabile che per uno dei settori più colpiti dalla crisi non si sia ancora trovata la soluzione che renda possibile la tutela per tutti lavoratori del settore, in particolar modo per quelli più deboli. Inoltre è ormai necessario che il Governo rifinanzi in maniera strutturale il Fondo di Solidarietà del trasporto aereo che salvaguarda tutti i lavoratori del settore ed è stato lo strumento con cui si sono potute gestire tutte le crisi dell aziende del trasporto aereo negli anni passati.

Alitalia sembra ancora priva di un piano industriale convincente. Si parla addirittura di ridimensionamento della flotta. Come pensiamo di competere con le altre compagnie europee finita l’emergenza?

La situazione della compagnia di bandiera attualmente è molto complicata. Pur essendo l’unica compagnia che in questo momento di crisi ha garantito la mobilità dei cittadini, e soprattutto il recupero dei nostri connazionali all’estero oltre che a tutta una serie di voli cargo per portare in Italia medicinali necessari per affrontare al meglio l’emergenza, ad oggi le idee Del governo su Alitalia non sono ancora chiare. C’è stata manifestata la volontà da parte dell’esecutivo di procedere con la nazionalizzazione della compagnia, cosa a nostro modo di vedere senza dubbio positiva, purtroppo però ancora non sono chiare le reali intenzioni rispetto alla prospettiva industriale che si vuole dare alla compagnia. Sono sempre più insistenti infatti le indiscrezioni secondo le quali ci sarebbe l’idea di ridimensionare la compagnia andando sotto la soglia minima dei 100 Aeromobili. Se pensiamo che Lufhtansa ha circa 760, AirFrance 230, Ryanair 330, easyJet 330, ci rendiamo subito conto che una prospettiva di questo tipo sarebbe miope industrialmente oltre che fallimentare e con pericolosi risvolti in termini di occupazione. Con la conseguenza che appena finita l’emergenza le altre compagnie dotate di flotte più grandi nel giro di pochi mesi si impadronirebbero totalmente del mercato italiano, per il quale Alitalia con le poche macchine a disposizione non avrebbe nessuna possibilità di copertura, considerando inoltre che anche se si volesse dopo aumentare la flotta i tempi per ordinare nuovi aerei e renderli operativi sono molto lunghi, e parliamo di anni. Di conseguenza nell’ultima riunione abbiamo manifestato al governo la nostra contrarietà ad un eventuale piano di ridimensionamento dell’azienda che per noi invece deve avere l’obiettivo di crescere sviluppare per poter garantire i livelli occupazionali attuali.

Il virus ci ha dimostrato quanto sia fondamentale l’investimento pubblico nei servizi essenziali, pensiamo alla sanità. Vale anche per il trasporto aereo?

Assolutamente sì, prova ne è che dopo neanche una settimana dall’inizio della crisi tutti i vettori stranieri avevano già abbandonato i cieli italiani, lasciando di fatto il paese isolato rispetto al resto del mondo. È evidente come serva, oltre che un investimento pubblico infrastrutturale importante, anche un’idea di come pensiamo il trasporto aereo e la mobilità dei cittadini italiani rispetto al resto del mondo. C’è necessità di potenziare il settore per poter aiutare il turismo italiano e la mobilità con le isole, rendendo anche più semplice l’accesso al Paese per esempio alle grandi quantità di turisti che provengono da Oriente e che oggi per arrivare in Italia spesso e volentieri sono costretti ad effettuare dei transiti attraverso la Germania, l’Inghilterra o la Francia o la Turchia. I dati di traffico degli ultimi anni in costante crescita parlano chiaro, il Governo dovrebbe capire che si tratta di un settore in cui investire risorse. Purtroppo negli anni invece si è pensato che il mercato potesse autoregolamentare il sistema senza bisogno di regole certe e questo ha prodotto danni enormi alle aziende del settore che spesso hanno aperto per poi richiudere, ma soprattutto al mercato del lavoro che è assolutamente destrutturato. Di fatto il contratto collettivo nazionale di lavoro, che si applica a tutta la filiera è l’unico vero elemento regolatorio del settore, e noi chiediamo al Governo che emetta un provvedimento che lo renda il riferimento minimo salariale del comparto che invece è stato troppo spesso osteggiato in quanto ultimo baluardo a tutela dei lavoratori e guarda caso non applicato soltanto dalle compagnie low cost che hanno continuato a perpetrare il dumping salariale nell’indifferenza dei governi che si sono alternati negli anni passati .

Fortebraccio News