“Così spolparono Alitalia per regalarla agli arabi”

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Prima di vendere le quote, nel 2014, Alitalia aveva svalutato in maniera “non corretta” le quote di una sua partecipata, Alitalia Loyalty, risultando così più appetibile all’acquirente Ethiad. Tutto ciò mentre l’azienda degli Emirati Arabi produceva verso la compagnia di bandiera italiana fatture probabilmente gonfiate. E mentre si accavallavano gli extra-costi, fra straordinari considerati in quota cassa integrazione – e dunque pagati dai contribuenti – costi di catering abnormi e lussuosi voli di Stato sull’Airbus 340-500, noto come “Air Force Renzi”. Sono alcune delle conclusioni di Ignazio Arcuri e Stefano Martinazzo, nelle loro 526 pagine di relazione tecnica consegnata alla Procura di Civitavecchia e, nelle scorse settimane, alla Corte dei Conti di Roma, che indagano sul crack di Alitalia, nonostante il salvataggio “tentato” dall’ex premier Matteo Renzi insieme a Luca Cordero di Montezemolo.

L’attuale leader di Italia Viva non è indagato, a differenza degli ex vertici di Alitalia, da Montezemolo agli ex amministratori delegati Silvano Cassano e Marc Cramer Ball, fino all’ex numero uno di Etihad, James Hogan e al commissario liquidatore Enrico Laghi. La relazione, con diversi approfondimenti, sarà oggetto di un’inchiesta di Report che andrà in onda questa sera su Rai 3. I periti della Procura si concentrano in particolare sul valore delle partecipazioni di Alitalia Sai in Alitalia Loyalty, che si occupa del programma di fidelizzazione clienti MilleMiglia. “A fronte di un fair value (valore di riferimento, ndr) iscritto nel bilancio separato di Alitalia Sai pari a 150 milioni di euro – si legge – nel bilancio consolidato la medesima partecipazione è stata iscritta a un fair value 11 volte inferiore, pari a 13,3 milioni di euro)”. Così Alitalia si è resa appetibile, sia economicamente sia per il “raggiungimento degli obiettivi del piano industriale”. Un’operazione contabile avallata da Enrico Laghi, che ne giustificava i termini a maggio 2014, nonostante la vendita fosse già stata decisa ad aprile 2014 e le cui argomentazioni “non appaiono affatto condivisibili”. Nella relazione si parla anche di Laghi e del suo presunto conflitto d’interessi. Era consigliere di Alitalia Cai e presidente di Midco (che deteneva il 51% di Alitalia Sai) e “collaborava con i management Alitalia Cai e Deloitte”, come emerge da alcune e-mail agli atti dei pm.

La Procura ha acquisito anche una relazione dell’Ispettorato del Lavoro – svelata da Report – che ha portato a un’indagine parallela per truffa. I sindacati nel luglio 2017 avrebbero firmato un accordo “segreto” con l’azienda ottenendo 3.432 giornate annue di permesso per ogni sigla sindacale. In pratica, i piloti sindacalisti avrebbero guadagnato fino a 3.000 euro in più dei colleghi che volavano. Tutto ciò mentre Alitalia Etihad veniva multata dagli stessi ispettori del Lavoro per non aver consentito la fruizione di riposi per il personale navigante per circa 160.000 giornate. “Come se in un’azienda metalmeccanica a un lavoratore invece di fargli fare il giorno di riposo il giorno festivo lo mettiamo in cassa integrazione, quindi il suo costo lo scarichiamo sui contribuenti”, ha dichiarato Antonio Amoroso, segretario nazionale Cub Trasporti.

In quel momento, Renzi era molto attivo sul fronte Alitalia, e aveva incontrato più lo sceicco Mohamed Byn Zayed, riferisce Report. Gli arabi entreranno anche in Piaggio Aerospace, “azienda strategica per la difesa italiana” fallita quattro anni dopo. Una vicenda “fotocopia di Alitalia”, secondo Report. Piaggio Aerospace era bramata dagli arabi perché poteva realizzare un drone da guerra. Operazione avallata dall’ex ministra della Difesa, Roberta Pinotti. Un prototipo del drone cadde poi nel mare della Sicilia, secondo una fonte della Difesa fu poi “sacrificato”. E ci sarebbe anche un viaggio pagato da Piaggio Aerospace a Luca Lotti, che però non ricorda. Tutto ciò, mentre Alitalia acquistava da Ethiad l’ “Air Force Renzi”, l’aereo di Stato valutato 167 milioni di euro in leasing per 8 anni ma, conferma Report “neanche nella disponibilità degli arabi, che lo avevano riscattato dalla società Uthl con sede nelle Isole Cayman”.                                                                                                                                                       di Vincenzo Bisbiglia