CUNEO FISCALE? LO SCONTO VARRÀ UNA PIZZA IN PIÙ AL MESE

0
44

Secondo Banca d’Italia, i benefici dai 3,4 miliardi stanziati dal DEF sulle buste paga, corrispondenti ai redditi medio bassi, potrebbero non superare i 16 euro al mese nel corso del 2023 a decorrere dal mese di maggio, momento in cui il documento di economia e finanza del Governo Meloni prevede l’entrata in vigore del mini sconto sugli oneri sociali

In pratica, il valore equivalente di una pizza in più ogni trenta giorni, decisamente troppo poco per fronteggiare la perdurante alta inflazione soprattutto alimentare e il probabile ritorno del caro bollette, di fatto mai venuto meno neanche dopo l’avvio del price cap a livello UE a causa di effetti limitati ai prezzi all’importazione e all’ingrosso e poco riflessi su quelli all’utenza finale.

I tecnici di Bankitalia – nel corso della propria audizione in Parlamento – hanno quantificato quello che, a loro avviso, sarebbe l’impatto reale sui livelli retributivi non superiori a 25.000 o a 35.000 euro, per inciso quelli su cui già vige lo sgravio contributivo introdotto a inizio 2023 con la legge di stabilità e di bilancio in percentuale del 3 e del 2 per cento.

Calcoli che vengono però confutati – pur in un clima di rispetto istituzionale nei confronti dell’istituto di via Nazionale guidato dal Governatore Ignazio Visco – negli ambienti del dicastero dell’economia e delle finanze, e sui quali a divergere è il Ministro Giancarlo Giorgetti in persona. Il quale, di fronte alle Commissioni parlamentari in materia di Bilancio, ha viceversa argomentato che non solo il margine economico in busta paga sarà più alto di quanto asserito dalla Banca d’Italia, ma già da adesso il Governo Meloni è impegnato a fare in modo che il provvedimento possa essere prorogato oltre il 31 dicembre e con efficacia estesa a tutto il 2024; al che servirebbero risorse per complessivi dieci miliardi di cui nel DEF non vi è al momento traccia.

Gli economisti della Banca centrale nazionale fanno inoltre presente che la riduzione, ovvero la fiscalizzazione degli oneri sociali, portando come conseguenza un aumento del reddito imponibile da lavoro dipendente ai fini Irpef, esporrebbe le retribuzioni interessate a un maggiore prelievo fiscale sul versante dell’imposta diretta sulle persone fisiche. Rimpicciolendo la pizza a fine mese.

A questo punto, la sola soluzione non può che arrivare dal capitolo delle tax expenditures, vale a dire che spese fiscali sostenute dallo Stato per finanziare l’enorme mole di detrazioni e deduzioni che, con riferimento alle dichiarazioni dei redditi dell’annualità del 2021, hanno comportato 108 miliardi di euro di minore Irpef dovuta all’Erario centrale.

Dalla revisione delle voci attualmente previste a sottrazione della base imponibile e dell’imposta lorda, il Governo punta a ricavare sia i fondi per fronteggiare la prima attuazione della riforma tributaria scritta dal Viceministro del MEF Maurizio Leo, sia ulteriori risorse per sostenere i redditi delle categorie più vulnerabili e maggiormente colpite dai rincari. Impresa decisamente ardua, con un PIL soggetto a variazioni annue in aumento al di sotto dell’uno per cento e in uno scenario in cui il 95 per cento dei contribuenti italiani non evidenzia situazioni reddituali particolarmente elevate, essendo limitata al restante cinque per cento appena della platea l’area di maggiore benessere economico.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI