Cuperlo: “Inseguire il centro sarebbe un disastro”

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«Inseguire un centro che non c’è porta a fare la versione moderata della destra, ci abbiamo provato in passato con esiti disastrosi».

Gianni Cuperlo, 58 anni, triestino, presidente della Fondazione dei Dem – una lunga carriera politica da quando sciolse la Federazione giovanile comunista nella Sinistra giovanile (era il 1990) fino alla sfida (perduta) contro Matteo Renzi nelle primarie del 2013 – dice che il Pd va rivoluzionato.
Cuperlo, è stato Renzi a far saltare la sua candidatura alle suppletive di Roma per la Camera, considerandola troppo di sinistra?

«Mi risulta che Italia Viva abbia posto un veto sul mio nome, poi hanno avanzato una candidatura civica autorevole. Malgrado la volontà di Zingaretti e il sostegno di molti iscritti, ci sono ancora pratiche di esclusione odi corrente. Renzi lo capisco, è coerente con se stesso».
E ora sosterrà Gualtieri?

«Come può dubitarne? Ho sostenuto il Pd sempre, anche quando chi lo guidava ha messo ai margini quanti di noi si opponevano a scelte sbagliate».
Lei ha una lunga militanza e carriera politica, dalla Fgci poi Sinistra giovanile al Pds ai Ds e infine al Pd. Però fuori dal coro, eterodosso. Come mai non ha pensato a scissioni?

«Potrei dirle “extra Ecclesiam nulla salus”, perché ho sempre creduto al bisogno di una forza popolare e radicata. Lo penso anche oggi di fronte a una destra che suona i campanelli e esibisce i bambini dai palchi. Quanto alle scissioni non hanno mai rafforzato il campo, casomai l’opposto e mi pare che i sondaggi su chi se ne è andato lo confermino».
Ora il Pd deve aprirsi e rinnovarsi. Lo sostengono Zingaretti e Prodi. Cosa vuol dire? Scardinare il partito, scioglierlo?

«Per me vuol dire cambiare tutto e avere il coraggio di una cessione di potere, che è cosa diversa da usare gli esterni a patto che non disturbino le nomenclature. Il problema non è abbellire le liste con qualche nome esterno. Penso a un congresso costituente verso il civismo, a patti con i movimenti, le Sardine certo, ma anche una rete di associazioni, sindaci, amministratori. Naturalmente tutto questo ha bisogno di un’altra marcia del governo perché quello sarà un passaggio decisivo».
Appunto, il governo è alle prese con la fase due.

«Il punto è collocare le cose da fare in una missione chiara della
maggioranza giallorossa. La via è tornare in sintonia col paese che ha bisogni materiali, oltre che di senso, perché si è vinto in Emilia Romagna ma la sconfitta in Calabria ci parla di un’Italia sempre più divisa tra nord e sud, generi e generazioni, città e campagne».
E quali dovrebbero essere le priorità per il Pd?

«Parità di retribuzione tra donne e uomini, salario minimo, innalzamento dell’obbligo scolastico, una radicale riforma fiscale, correre con gli investimenti green. E subito il superamento dei decreti Salvini e battersi per lo ius culturae. Chi pensa che basti galleggiare sulle disgrazie grilline o sull’inciampo di Salvini si illude. Lo scatto serve adesso».
Elly Schlein, la più votata in Emilia Romagna, dice: stop con la rincorsa al centro.

«Ho cercato di dirlo in questi anni, il punto è come ti rapporti con il tema dei temi in tutta Europa: la lotta alle disuguaglianze. Inseguire un centro che non c’è porta a fare la versione moderata della destra, ci abbiamo provato in passato con esiti disastrosi».
Alle suppletive di Roma e Napoli nessuna alleanza con i 5Stelle. Che questa alleanza possa poi spuntare per le regionali di primavera, non le pare difficile?

«Invece penso e spero che arriveremo lì perché sono le urne a spingere i 5Stelle verso una chiarezza sul loro destino. Ho apprezzato le parole di Patuanelli, adesso devono scegliere il campo dove stare avendo compreso che rimanere nel guado non paga più».
Ma nel futuro il leader sarà Conte?

«Apprezzo le sue doti di mediatore ma la leadership non si decide a tavolino».
A lei quanto piacciono le Sardine? Sono la risorsa di una sinistra invecchiata e incapace di uscire dai recinti?

«Da uno a dieci, le dico dieci. Il loro debutto a Bologna è avvenuto la sera prima della assemblea dem su “Tutta un’altra storia”. Aspettavamo 500 persone, ne sono arrivate 4000, è il segno che quei mondi vanno incrociati, nel rispetto della loro autonomia certo, ma non sono piazze contro la politica, chiedono alla politica e a noi di cambiare».
L’Emilia Romagna è l’ultima chiamata alla fiducia nella politica, sostiene il governatore Bonaccini. Condivide?

«Sì, quel voto è stata una ripartenza e dobbiamo mostrarci all’altezza».