Da Renzi alla grande stampa la crociata anti-Conte fa flop

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Cominciamo con una frase fatta: non mi meraviglio più di niente. Nemmeno se, nel Messaggero del 3 marzo si legge: “L’assenza di Mario Draghi nella conferenza stampa di ieri sera (cioè del 2 marzo, ndr) è un segno di rispetto istituzionale, di una concezione non personalistica della cosa pubblica, di una cultura finalmente allergica alla comunicazione emozionale. (…) Non c’è bisogno dell’auto-celebrazione a reti unificate in occasioni simili”.

Fin troppo facile rispondere che, se a non presentarsi fosse stato Conte, si sarebbe detto che non ci metteva la faccia. Ma no, vediamo meglio qual è lo scopo di questa narrazione di Conte piacione, Conte che con Casalino organizzava show notturni dopo aver messo insieme in qualche magazzino o sottoscala, pure di notte, decreti tirannici. Come se a quegli appuntamenti a tarda ora non si arrivasse invece dopo snervanti consigli di ministri in cui era lui che doveva mettere d’accordo una compagine tutt’altro che concorde (per dirla in modi eleganti).

Un giorno forse si capirà meglio questo accanimento della “grande stampa” (duramente rimproverato su La7, a Piazza Pulita, da un Bersani civilmente indignato a De Angelis di Huffington e a tutta la categoria). Forse c’è dell’altro, forse non possiamo continuare a ripeterci che Conte dava fastidio ai poteri forti. Bisognerà scoprire anche perché invece ai suoi rivali, e soprattutto ai due Mattei, si perdona molto.

Sul fronte internazionale si glissa sui movimenti sospetti della Lega in Russia (Salvini) e sulla collaborazione con una dinastia araba condannata dall’Onu (che ha definito quella saudita “una parodia della giustizia”) e smascherata dalla Cia (Renzi); sul fronte interno non si condannano gli stolidi lamenti di Salvini sulle Pasque negate, per non dire delle ammucchiate della scorsa estate, né si commenta l’indecente maniera in cui Renzi ha fatto cadere un governo (vantandosene poi come un bambinone maligno), facendo perdere un mese di tempo al Parlamento, e fingendo poi di essere lui (vaccinare vaccinare vaccinare) a orientare il governo attuale.

Fra l’altro può correre su due binari: Iv (già fatto) e Pd (ancora pieno di suoi fedelissimi, come quelli che, anch’essi indecentemente, hanno indotto alle dimissioni Zingaretti).

In attesa di capire, chissà quando, un po’ di più, una cosa è certa fin d’ora. A ben vedere, se il compito della grande stampa è quello di liberare quei poteri (che in qualche misura la posseggono) del “corpo estraneo” Conte, la grande stampa è incapace, non ci riesce. Lo “sconfitto” lascia Palazzo Chigi fra gli applausi, impazza sul web, perfino la sua lectio magistralis a Firenze è un successo sulla Rete. E il semplice annuncio che sarà lui a guidare il M5S (o quel che ne sarà) fa volare nei sondaggi quella lacerata compagnia: ben sei punti, quasi raggiungendo la Lega e surclassando il Pd. Quindi la gente non legge certi giornali, oppure li legge ma non tiene conto di quello che dicono.

Riassumendo: l’esecutore materiale, sempre più Innominabile, ha fatto cadere il Governo Conte-2; i mandanti restano nell’ombra (se no che poteri “occulti” sarebbero?); gli intermediari (la grande stampa) falliscono e subiscono il ritorno dell’Avvocato del Popolo. Un bel flop, che stavolta condanna chi ironizza e martella sui flop altrui, veri o presunti.                                                                                          Sergio Rinaldi Tufi