Deforestazione in Amazzonia: il ruolo degli allevamenti e della soia

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A view into the forest of Virunga National Park, near the provincial capital of Goma. Democratic Republic of Congo.

La giornata dell’Amazzonia (Amazon Day) serve a tenere alta l’attenzione sulla salute di uno degli ecosistemi più importanti e delicati della Terra. Ma la deforestazione che serve a creare pascoli e produrre soia lo stanno distruggendo.

L’Amazzonia si estende su una superficie di circa sei milioni di chilometri quadrati — il 60% dei quali si trovano in Brasile —, costituisce oltre la metà delle foreste tropicali della Terra e ospita più biodiversità di qualsiasi altra foresta tropicale. È un importante regolatore del clima globale e si stima ospiti oltre 390 miliardi di alberi: non è quindi un caso che sia anche conosciuto come “il polmone verde della Terra”.

Purtroppo quest’anno celebrare questa giornata è ancora più urgente: uno studio pubblicato a luglio su Nature ha messo in luce la crescente incapacità della foresta amazzonica di sequestrare anidride carbonica. Da polmone della Terra, potrebbe presto diventare una fonte di anidride carbonica, portandoci ancora più vicini al “punto di non ritorno”. Le ragioni di questa catastrofe sono, secondo gli scienziati, la deforestazione e il cambiamento climatico.

La deforestazione in Amazzonia viene indubbiamente spinta dagli incendi che la colpiscono ogni anno, che bruciano per settimane intere, distruggendo flora e fauna uniche al mondo ed emettendo tonnellate di CO2 nell’aria. Questi incendi, com’è stato denunciato da varie organizzazioni, sono spesso dolosi e servono a creare pascoli da dedicare all’allevamento di bovini — il Brasile è il più grande esportatore di carne bovina al mondo — e di terreni per la coltivazione della soia — di cui il Paese è anche in questo il maggior esportatore a livello globale. Soia che è centrale nella filiera zootecnica, perché viene ampiamente utilizzata come mangime in tutti gli allevamenti del mondo.

La progressiva scomparsa delle foreste va di pari passo con la crescita dei terreni agricoli.

Secondo una ricerca pubblicata su Science lo scorso anno, il 20% della soia e il 17% della carne bovina consumate in Europa potrebbero provenire da deforestazione illegale. Deforestazione che avviene quindi in aree protette, aggirando le leggi che tutelano alcune aree della foresta. L’Italia è il primo importatore in Europa di carne bovina proveniente dal Brasile e che viene utilizzata anche per la produzione a marchio IGP — per esempio la bresaola.

La filiera della soia: un’industria creata per gli allevamenti intensivi

Queste attività, unite all’estrazione mineraria e alla costruzione di infrastrutture, hanno conseguenze non solo sull’ambiente e il clima, ma anche “sulla salute, le economie locali ed è una fonte crescente di conflitti nella regione”, ha affermato Claudio Maretti del WWF Living Amazon Initiative. Senza dimenticare il fatto che, secondo Global Witness, il Brasile è uno dei Paesi dove vengono commessi più omicidi nei confronti dei difensori della Terra e dell’ambiente, molti dei quali appartenenti a comunità indigene.

La tutela dell’Amazzonia deve coinvolgere tutti perché il suo futuro è fondamentale per la vita sulla Terra. Il passaggio verso una dieta a base vegetale entro il 2050 potrebbe farci risparmiare tra i 332 e i 547 milioni di tonnellate di anidride carbonica, diminuendo la pressione sul polmone della Terra.

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