Denaro pubblico sperperato, molti reati nell’ombra

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Nella mia pur modesta attività pubblica, sociale, no-profit in difesa del patrimonio ambientale, oggi, e oggi si fa per dire, combattendo delle battaglie dalla parte di “Davide” contro “Golia” per impedire l’attuazione di progetti di opere pubbliche evidentemente basati su scopi reconditi e aggravati dalla prepotenza di una politica in malafede verso il territorio coinvolto sento il dovere di denunciare anche attraverso questo mio pezzo lo sperpero di denaro pubblico, in quantità insopportabile.

 

Faccio riferimento a 3 casi in Lombardia negli ultimi 20 anni, in ordine temporale:

1) progetto per la valorizzazione del Lago D’Idro;

2) progetto per la ristrutturazione del collettamento fognario e depurazione del Lago di Garda;

3) progetto per consolidare il collegamento stradale del ponte tra Lombardia e Trentino in Comune di Bagolino.

Nel primo caso, in seguito ad una lunghissima stagione di contestazioni da parte di più formazioni sociali e di amministrazioni comunali in difesa del Lago, che dal 1917 veniva depauperato su concessione governativa, contestazioni conclusesi in vittoria popolare nel 2007, la Regione Lombardia nel 2008 indusse i Comuni lacustri ad un accordo basato su dati allarmanti in relazione ad una paleofrana che secondo la Regione poteva scivolare nel fiume emissario con velocità simile al Vajont. Al di la del fatto che questo caso non era paragonabile per nulla al dramma del Vajont, la Regione preparò un accordo denominato “per la valorizzazione del Lago D’Idro”, che prevedeva nuove opere di regolazione ed una nuova galleria idraulica con portata di 320 m3 al secondo, 9 metri di diametro, su un Lago naturale di origine glaciale, ma non prevedeva alcun intervento sulla paleofrana definita con quel paragone drammatico dai tecnici della Regione stessa.

I Comuni firmarono, ma le formazioni sociali che da lunghi anni si battevano in difesa del Lago contestarono fortemente quella firma, a tal punto che vennero fatti ricorsi ai Tribunali; con i vari ricorsi, i dubbi tecnici di chi aveva il compito di vagliare il progetto, ed un Esposto penale, pochi giorni fa è giunta notizia che il progetto è stato abbandonato anche dal Governo nazionale che nel 2020 aveva nominato un Commissario per realizzare l’opera pubblica, e la Regione ha avviato la risoluzione del contratto d’appalto. Nel frattempo il Lago D’Idro dal 2007 ha riavuto il suo splendore naturale, è regolato con oculatezza, e la paleofrana non s’è mossa nemmeno col terremoto che pochi anni fa da queste parti si fece sentire eccome. Ma, mi chiedo: la società che vinse l’appalto e quindi fece il progetto esecutivo, lo ha fatto gratis? Non penso; penso che la Regione abbia anzi pagato quel progetto e forse anche delle penali.

Ma non ne viene data informazione. Eppure sono soldi pubblici, ovvero soldi di tutti. Penso che la Corte dei Conti sia molto severa su questo; proprio il recente intervento del Capo del Governo, Mario Draghi, all’inaugurazione dell’anno giudiziario di questa Corte parlò dell’importanza essenziale della tempestività del loro lavoro per infondere fiducia della gente verso la pubblica amministrazione. O serve sempre che ci sia una formale denuncia di qualche organizzazione di cittadini per muovere queste indagini? Non dovrebbe essere così. In questo caso di cui sopra sono stati sicuramente sperperati milioni di euro di denaro pubblico, colpa di un progetto voluto più per tenere le mani su un territorio anziché per esigenze reali di intervento. Poi, successivamente, nel secondo caso, che io conosca direttamente, quindi abbastanza bene, c’è il progetto di trasferire nel bacino idrografico del Chiese la depurazione della sponda occidentale del Lago di Garda.

Sono due bacini idrici, pertanto due corpi idrici separati, ma alcuni anni fa evidenti interessi agricoli speculativi per agricoltura intensiva nella pianura medio alta orientale della Regione Lombardia iniziarono a spingere sempre più palesemente per poter avere a disposizione ancor più acqua di quella che usano da oltre 1 secolo, ed ecco che esce quest’idea di trasferire nel bacino del Chiese la depurazione dei reflui gardesani. Dapprima, la società di gestione del servizio idrico integrato, presenta un progetto per andare nel territorio di Visano, piena pianura bresciana, un Comune distante circa 30 chilometri dal bacino del Garda, e il collettore per trasferire i reflui dal Comune più lontano sarebbe stato lungo 82 chilometri; poi, date le enormi difficoltà di realizzare l’impianto a Visano, cambiano e progettano di fare due mega impianti per 100 mila abitanti equivalenti ognuno nei due Comuni più vicini di Gavardo e Montichiari, ma sempre del bacino del Chiese, e per arrivare con i reflui nel primo di questi due Comuni dovrebbero salire una collina per 150 metri di altitudine.

Pubblicano il progetto, i Comuni coinvolti si ribellano, la gente pure, fino a che il Consiglio provinciale di Brescia, da cui dipende l’Autorità d’Ambito Ottimale, approva una Mozione che annulla quel secondo progetto e stabilisce che la depurazione gardesana deve essere realizzata in un Comune afferente. Nello scorso mese di aprile arriva la terza idea progettuale, stavolta il gestore del servizio idrico integrato pianifica tappe forzate per arrivare all’iter autorizzativo, dando teorico valore al confronto col territorio coinvolto dai progettati impianti, proponendo di fare un unico mega impianto, grande il doppio dei due precedenti, 200 mila abitanti equivalenti, nel Comune gardesano di Lonato ma con lo scarico sempre nel diverso bacino del Chiese. Da Gavardo, prontamente, arriva un certo avvallo: ad un tavolo di confronto non dicono nulla sull’ubicazione dell’impianto e propongono che lo scarico non vada nel Chiese ma entri in un percorso di rogge in parte esistenti per andare a scaricare nel fiume Mincio, ovvero nell’emissario naturale del Lago di Garda.

Ma allora a cosa serve concepire tutto quel giro lungo per fare un mega impianto vicino al fiume Chiese, che comporta il rifacimento totale dell’attuale collettamento della sponda occidentale del Garda, invertendo le pendenze, con chissà quali costi abnormi e disagi per lunghi anni, incalcolabili, quando poi con un altro giro lungo lo scarico torna nel Mincio, dove scarica l’attuale depuratore di Peschiera. Sono teorie che sembrano proprio concepite per realizzare mega progetti costosissimi, con costi di gestione anche costosi e perenni.

E, anche qui, la Corte dei Conti non può imporre l’obbligo di oculatezza nella spesa pubblica?

Ovvero oculatezza e buon senso nella gestione dei soldi di tutti?

Infine, per quel che direttamente conosco io, c’è l’assurda situazione della cd. “rotonda quadrata” del Comune di Bagolino, nella frazione Ponte Caffaro. All’antico ponte realizzato nel 1906, non più adeguato al traffico pesante di quell’arteria principale, unico collegamento della vallata col Trentino, da un’idea geniale del progettista e dell’amministrazione pubblica che l’ha portata avanti nel 2017 vi affiancarono a 20 metri di distanza un nuovo ponte, ma l’area è un centro abitato, quindi tolsero parcheggi ai locali pubblici, eressero un muro alto 4 metri dinanzi alle finestre di una casa distante 3 metri, tagliarono piante per consentire ai mezzi pesanti di manovrare, e nonostante tutto questo disastro urbano quel ponte non è percorribile, i mezzi pesanti s’incastrano. Al che, dopo 4 anni, nei giorni scorsi vertice con le massime Autorità in Prefettura a Brescia, è stabilito di posizionare un ponte militare per mettere in sicurezza il passaggio sul ponte vecchio, e sarebbe il terzo ponte. Dalle cronache, si capisce che finora la spesa pubblica s’aggira sui 3 milioni di euro, senza avere ancora il ponte adeguato; serve quello militare e serve fare manutenzione a quello vecchio, imposta dalla Soprintendenza. Ed io pubblica amministrazione pago…

Ma, in conclusione, sarà capace lo Stato a fare giustizia di questo sperpero di Denaro Pubblico, che grida vendetta a Dio?

E’ un dovere dei cittadini esigere tanto.

Mappa: linea gialla con D a sx l’idea del nuovo collettore gardesano, e linee rossa e verde e arancio l’idea del nuovo scarico.

Gianluca BORDIGA