Disagio psicologico giovanile, è esploso dopo la pandemia ma non trova ascolto e aiuto

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Il “41% degli adolescenti italiani ritiene che la propria salute mentale abbia risentito negativamente del periodo di pandemia“, e il “il 37% la propria vita in generale”. Un effetto dirompete sulle fragilità emotive giovanili quello dell’emergenza sanitaria e dei lockdown che si sono susseguiti nei tre anni passati.

La fotografia dei comportamenti degli adolescenti italiani nel periodo post pandemia è stata scattata dalla VI rilevazione 2022 del Sistema di Sorveglianza Hbsc Italia (Health Behaviour in School-aged Children – Comportamenti collegati alla salute dei ragazzi in età scolare), coordinato dall’Istituto superiore di sanità insieme alle Università di Torino, Padova e Siena, con il supporto del Ministero della Salute, la collaborazione del Ministero dell’Istruzione e del Merito e tutte le Regioni e Aziende Sanitarie Locali.

Il mondo dei ragazzi alle prese con gli effetti del bullismo, del cyberbullismo, dell’abuso dei social e dei videogame, dell’aumentare dei disturbi del comportamento alimentare, ha visto esplodere anche gli effetti dell’isolamento e del post-Covid. Famiglie e ragazzi hanno spesso difficoltà a trovare un percorso di ascolto e assistenza nel Servizio sanitario pubblico. Le liste d’attesa allungano i tempi per la prima visita con il rischio che le condizioni del ragazzo peggiorino. Una situazione che sta diventando allarmante, secondo gli specialisti, medici, politici e addetti ai lavori.

“Il disagio psicologico dei giovani non è la novità di oggi. Ciò a cui stiamo assistendo, con la crescita di questo tipo di problematiche, è l’esito di una totale mancanza di politiche sociali. E ora la pandemia sta diventando un alibi”. In realtà il Covid “ha acuito situazioni che già c’erano. Ha reso esponenziale un problema a cui non si era posto rimedio” ha affermato Alberto Villani, docente di Pediatria a Tor Vergata.

“I dati sulle condizioni della scuola e di altri indicatori sociali sono preoccupanti da anni. E’ un fatto – aggiunge il pediatra – che nelle nostre scuole non ci sia possibilità di fare sport, di avere una refezione didattica, di avere un’occupazione sana del tempo in un ambiente controllato. E, come pediatri, lo denunciamo da anni.

Anzi. La scuola è sempre più problematica, basta dare una scorsa ai documenti ufficiali sulle condizioni di questa istituzione. Ed è lo stesso per lo sport diffuso e le attività educative”. Un esempio? “Un bambino su 3 è sovrappeso – continua Villani – e le cause sono legate alla mancanza di strutture e spazi dove i bambini possano muoversi. Nelle indagini si rileva che il 30% dei bambini fa un’ora di gioco libero a settimana. Chi fa sport, lo fa solo per due ore, due volte a settimana”.