Draghi ha un problema: avanza il fronte del no tra 5Stelle e Leu

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– Due giorni per mediare e trovare un “punto di caduta”, come lo chiama il capogruppo al Senato Ettore Licheri. Altrimenti mercoledì, giorno del voto di fiducia del governo Draghi, sarà scissione. E per evitarla nel M5S, che ieri ha vissuto un’altra giornata di psicodramma interno, c’è chi invoca l’intervento di Beppe Grillo. La partecipazione del garante alla prossima assemblea congiunta potrebbe essere risolutiva. Almeno per provare a ridurre al minimo la fuoriuscita di parlamentari che, secondo i rumors delle ultime ore, arriva a quota 40 tra Camera e Senato. A Palazzo Madama sarebbero addirittura 30 i senatori pronti a votare no.

La decisione di Grillo di non far ripetere il voto su Rousseau, come chiesto da Barbara Lezzi e da molti attivisti, sta facendo da denotatore anche se non è escluso che alcuni di loro alla fine possano “rientrare” se premiati con posti di sottogoverno. Alla Camera i ribelli invece sono una decina per un totale di 40 parlamentari ribelli. Intanto ieri sera Grillo ha mandato un messaggio via Twitter per ridurre il dissenso.

Il garante ha pubblicato un’immagine di Draghi riprodotta più volte in stile Andy Warhol con una didascalia emblematica: “Now the environment. Whatever it takes” (Adesso l’ambiente, ad ogni costo). La citazione ricalca la famosa frase dell’ex presidente della Bce che nel 2012, con questa formula, salvò l’euro. Oggi Grillo, con le dovute proporzioni, vuole “salvare” l’ambiente con il ministero della Transizione Ecologica di Roberto Cingolani ma soprattutto l’unità del Movimento che su questo tema può ricompattarsi. Anche Davide Casaleggio, con un post su Facebook, prova a evitare la rottura: “In questi giorni ho ricevuto migliaia di messaggi sulla mancata costituzione del Superministero. Se non sarà possibile sottoporre un nuovo quesito agli iscritti è importante non creare una divisione parlamentare”. Per questo Casaleggio auspica che “chi si sente a disagio” scelga l’astensione.

Ma nella pancia del M5S la spaccatura resta. Mercoledì alle 10 Draghi farà il suo discorso programmatico a Palazzo Madama e nel voto di fiducia si capirà quanti parlamentari si staccheranno, mettendosi di fatto fuori dal M5S. Sicuri, al momento, sono tre: ieri il deputato Pino Cabras e il senatore Mattia Crucioli hanno annunciato a Radio Popolare che voteranno “no” al governo Draghi e al Senato anche Emanuele Dessì non voterà la fiducia. “Noi a Berlusconi non gli rispondevamo nemmeno al telefono – spiega Dessì –

Poi abbiamo avuto una diminutio sui ministeri: qualcuno ha preferito mettere davanti i propri interessi a quelli del Movimento”. Un senatore è amareggiato: “Mercoledì muore il Movimento per come l’abbiamo conosciuto”.

Così nelle ultime ore è intervenuto il reggente Vito Crimi per placare gli animi in due assemblee nel giro di 24 ore. Sabato sera ha spiegato che “non ci sono state trattative sui ministri” e che ha scelto tutto Draghi. Ieri invece, durante la riunione dei senatori, si sono fatti sentire Dessì e Danilo Toninelli che si è detto “estremamente deluso”. Poi ci sono gli indecisi – che potrebbero astenersi – e chi voterà “sì” per rispettare il voto su Rousseau ma non è soddisfatto: “Questo governo Frankenstein non è del M5s – spiega il senatore Gianluca Ferrara – Ma io rispetto il voto degli iscritti”. Crimi ha ribadito che “il voto sulla piattaforma c’è stato e va rispettato”. Come dire: chi vota no è fuori.

Intanto all’opposizione a Draghi, insieme a FdI, ieri si è aggiunta anche Sinistra Italia provocando la spaccatura dentro LeU che voterà “sì” riconfermando Roberto Speranza alla Salute. L’Assemblea Nazionale di SI ha votato a maggioranza per il “no” all’esecutivo (122 favorevoli, 16 contrari e 4 astenuti). Ma il partito si è spaccato e due parlamentari su tre, Loredana De Petris e Erasmo Palazzotto, voteranno la fiducia al governo. L’unico “no” è di Nicola Fratoianni secondo cui questo non è un governo “dei migliori” ma “di destra”. De Petris e Palazzotto invece ritengono “controproducente” l’idea di stare all’opposizione e voteranno “sì” per “difendere quello che è stato fatto dal Conte bis”.

(di Giacomo Salvini – Il Fatto Quotidiano)