Duecento anni dalla morte di Napoleone

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Molti ne hanno parlato e ne parleranno. In genere, mi pare, che alla fine convengano sul solito giudizio ambivalente

Da un lato come di un grande condottiero che ha segnato la cultura e la storia storia europea, diffondendo i fondamenti ideali e politici della rivoluzione francese –i principi di eguaglianza e di libertà e laicità dello Stato-, e dall’altro come di un nemico della democrazia, di un accentratore individualista e autoritario, che si macchiò persino della responsabilità di avere reintrodotto la schiavitù nelle colonie, abolita prima dalla rivoluzione

Questa commemorazione mi ha ricordato la storia tutta Toscana della nobile famiglia Berlinghieri che venne pienamente coinvolta in quegli anni che “sconvolsero il mondo” dalle idee dell’illuminismo, dalla rivoluzione francese e quindi dalla parabola di Napoleone. 
Come tanti giovani italiani, Leopoldo Berlinghieri era fermamente convinto che Napoleone avrebbe portato la libertà e l’indipendenza della Toscana e dell’Italia. Perciò, dopo avere partecipato all’occupazione francese della Toscana decise di seguire Napoleone fino alla avventurosa e disgraziata campagna militare in Portogallo.
Fu una sua scelta, sconsigliata dal fratello Andrea che lo invitava a guardare piuttosto al suo personale tornaconto, e motivata dalla convinzione che con Napoleone si sarebbero potuti affermare gli ideali di libertà e di eguaglianza in Europa e che alla fine anche l’Italia sarebbe diventata indipendente.

Nel Luglio del 1807 Leopoldo scrive:
“io non voglio mai credere che il mio coraggio, i miei sacrifizi, l’amore del mio paese e la mia virtù, che serberò sempre incorrotta, non mi mettano un giorno in grado di essere utile alla mia patria…Io sono troppo felice quando mi è permesso solamente di figurarmi di combattere per una causa sì bella… La guerra è causa di molti guai; ma la guerra salva le nazioni dalla oppressione. Questa è dunque l’arte più bella e più degna d’un partigiano delle libertà”.
Si ammalò e morì poco dopo a Lerici nel 1809.
Suo fratello Andrea, invece, meno portato agli slanci ideali, divenne professore di chirurgia a Pisa e fondò la grande scuola chirurgica pisana. Egli sposò anche la moglie di suo fratello Leopoldo, una francese, di nome Sophie, di ottima famiglia che esercitò sulla società pisana un grande fascino con il suo salotto a Palazzo Berlinghieri.

La storia dei fratelli Berlinghieri mi è sembrato che esprimesse bene l’ambivalenza di quella fase storica che passa dalla rivoluzione alla successiva fase dominata da Napoleone. Gli ideali, dopo la prima fase propulsiva, si trasformano e, senza rinnegare in toto il passato, assumono la forma del dominio di una nuova classe agiata e borghese che mette, proprio con il codice civile di Napoleone, la proprietà al primo posto come diritto naturale.

Se volete passare una bella domenica, andate a vedere la casa dei Berlinghieri a Montefoscoli, Palaia, dove potete visitare la biblioteca piena di libri antichi degli autori dell’Illuminismo, leggere il carteggio tra i due fratelli e ammirare la collezione degli strumenti chirurgici di Andrea.

A Pisa, proprio dietro La Sapienza, si può vedere la strada intitolata a Andrea Berlinghieri, il grande chirurgo borghese e ammirare sui lungarni il Palazzo Berlinghieri. Non mi risulta che vi siano strade intitolate a Leopoldo Berlinghieri, il grande patriota giacobino, ufficiale dell’esercito napoleonico.
Penso che se la meriterebbe pienamente.