Ecco perchè Matteo non le faceva parlare

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bellanova
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Dalle poche parole che le due ministre dimissionate hanno proferito durante la conferenza stampa del capo si è capito perché egli avesse tanta reticenza a farle parlare.Ma le avete sentite? Vi sembrano figure adatte a fare i ministri della Repubblica? Il passo più pregno del discorso di Bonetti è stato quando ha ricordato “il suo percorso accademico e di scout”; Bellanova… Qui c’è da fare una riflessione: è nota la tendenza del leader di Italia cosiddetta viva a circondarsi di persone se possibile meno valide di lui, meglio se donne, messe lì non per le preclare qualità morali e intellettive, ma perché donne, dunque inattaccabili se non si vuole incorrere nell’accusa di sessismo, con l’aggravante, nel caso Bellanova, di anti-bracciantismo, anti-agricolturismo, etc.

Della ministra ricordiamo l’appoggio al Jobs Act (via l’art. 18, contratti “a tutele crescenti”: quindi semmai è lei a essere contro i lavoratori) e una sanatoria flop, annunciata con le lacrime, per braccianti e colf, a cui ha aderito un decimo degli interessati. Insomma la sostanza, se è lecito parlarne, è scarsa. Ma visto che al leader che intima “escilo” al Cdm via Twitter ultimamente sta a cuore la forma, parliamo di quella. Dopo lo sbrego istituzionale, Bellanova è andata a Tagadà, e lì ha infilato una serie di indecifrabili (secondo i canoni della lingua italiana) retromarce da cui si evince il concetto “siamo disponibili a far ripartire l’agenda di governo”. Ma non s’era dimessa? Pure Faraone ha invitato Conte a “sciogliere i nodi”. Che si stiano accorgendo, gli italici vivi, che il capo è una mezza schiappa? Riacquistino la favella e agiscano davvero “nell’interesse esclusivo della Nazione”, al netto del fatto che la Nazione ormai li detesta. Tina Anselmi, Lina Merlin, Nilde Iotti la parola non se la facevano dare dai maschi: se la prendevano, e parlavano dritte e chiare. Forse perché quei maschi non erano mediocri che si circondavano di mediocri che gli dovevano tutto.                                                                                           di Daniela Ranieri