Emma ed Elsa Novarino

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Emma ed Elsa hanno passato l’infanzia a casa mia. Mia madre era felice di vederle arrivare ad ogni ora perché sempre sorridenti e
pronte a dare una mano sul lavoro. Emma è nata due giorni esatti prima di me; per questo le ricordo spesso che “sia­ mo cresciuti insieme”. Elsa invece è più giovane di tre anni. Le sorelle Novarino si sono sempre distinte per il carattere allegro e per la bellezza
che ancora oggi si può cogliere nei loro volti. Da giovani erano due vamp. Ricordo Emma fasciata in una gonna di leopardo che cantava “Manuela” sul palco della “Lucciola” tra gli applausi dei ragaz­zi che frequentavano la nostra piccola sa­la da ballo di Grinzano. Di Emma sono stato anche il segreta­rio particolare. Mi consultava per scrivere lettere ad un fidanzato che abitava nelle
Langhe. In quel periodo numerose ragazze fre­quentavano casa nostra. In cortile c’era un pozzo a cui alcune famiglie attingeva­no l’acqua per uso domestico. Donata, che abitava vicino, arrivava col suo secchio alle nove del mattino ma fa­ceva ritorno a casa verso mezzogiorno. Spesso all’ora di pranzo arrivava suo pa­dre Dunin pregandola di rientrare senza mai sgridarla. Grazie a mia madre, che era vent’anni avanti rispetto al mondo e che gestiva il negozio di alimentari e la trattoria, da noi si radunava il paese. Sia durante il giorno che la sera era un via vai continuo. Beppe Ravinale, che studiava con pro­fitto a Torino, era una presenza fissa d’e­state e ci portava le novità dalla città. Dal­le ultime mode alle ultime canzoni. Piero Mina, uno dei più bei ragazzi in circolazione, veniva quasi tutte le sere. Un giorno diede un passaggio ad Emma con la sua Vespa fiammante sperando di sfiorarle un ginocchio. Mia madre, a cui Emma aveva spifferato tutto, raccontava spesso l’episodio in presenza dei due pro­tagonisti che, ogni volta, aggiungevano particolari spiritosi e innocui. Elsa a dieci anni era già sveglia, intelli­gente e in grado di dare un aiuto concre­to alle tante faccende di casa nostra con grande sollievo di tutti. Inutile dire che mia madre non ha mai smesso di adorarla e di volerla accanto fino alla fine dei suoi giorni. Emma, quando ci vediamo, mi ricorda che a sette anni raccontavo per ore favole, inventate sul momento e lei e Marina mi ascoltavano incantate, sedute sulle scale. Così è trascorsa la nostra infanzia in una casa dove, come ebbe a dire mio cugi­no della Giardina, era sempre domenica.