FERMIAMO LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA CARTABIA O MIGLIAIA DI PROCESSI FINIRANNO NEL NULLA

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In Parlamento si sta uccidendo la democrazia.

La discussione sull’importantissima riforma Cartabia è stata impedita nelle Commissioni di competenza, perché gli emendamenti non sono stati nemmeno letti e discussi, e viene impedita anche oggi, perché sappiamo che il Governo su questa riforma porrà per ben tre volte la fiducia.
Bisognerebbe fermare questa riforma, che non migliorerà la giustizia italiana, ma la comprometterà. Che la prevista riorganizzazione del diritto penale presenti più ombre che luci non lo dico io, ma lo dicono autorevoli magistrati e operatori che sono in prima linea e in trincea tutti i giorni a combattere la criminalità organizzata e tutto il malaffare presenti in Italia.
Al di là di ogni polemica politica, bisogna ragionare su dati oggettivi. Non è un caso che a lanciare l’allarme siano personalità come Gratteri e Di Matteo, i cui titoli è inutile enunciarli visto che sono ormai noti a chiunque. Nel corso di una recente intervista Nicola Gratteri, procuratore antimafia, ha commentato la riforma Cartabia in modo diretto e senza fronzoli, dicendo chiaramente che “è la peggiore riforma da quando è in magistratura” e definendola “devastante e dannosa”.
Secondo Gratteri, con la riforma della prescrizione voluta dalla ministra Cartabia, il 50 per cento dei processi finirà sotto la scure della improcedibilità. La preoccupazione che manifesta è che siano a rischio anche i sette maxi processi contro la ‘ndrangheta che si stanno celebrando.
Il problema, tuttavia, riguarderebbe non soltanto i processi di mafia, ma anche i reati contro l’amministrazione e quelli ambientali. Questo è un passo indietro, non una riforma.
Di Matteo dice che l’approvazione della riforma con il meccanismo dell’improcedibilità per decorso del tempo in appello e Cassazione rischia di segnare una grave sconfitta per la giustizia, con la conseguenza che la riforma rischia addirittura di rafforzare i poteri criminali che da sempre si pongono come regolatore di conflitti della società.
A poco o nulla valgono la distinzione che la ministra Cartabia fa tra una Corte d’appello e un’altra, oppure la trovata (aberrante, dal mio punto di vista) di creare una Commissione giustizia al Sud, perché si presume che al Sud la giustizia non venga gestita in modo adeguato.
Si fa ciò senza considerare la chiusura dei tribunali operata con la riorganizzazione della geografia giudiziaria o l’organico insufficiente dei tribunali.
Invece di innovare questa giustizia e renderla più utile ai cittadini, si sta facendo un passo indietro. Abbiamo votato cantando la riforma Bonafede, che pure era un segnale forte che abbiamo dato. Ora, per coerenza, non dovremmo tornare sui nostri passi, ma lo stiamo facendo. Invece di confermare e perfezionare una riforma della giustizia (mi riferisco a quella di Bonafede, che pure era stata avviata), si sta distruggendo tutto il lavoro fatto in questi anni e anche degli importanti risultati che erano stati raggiunti e che sono costati la vita a tanti Falcone e Borsellino. La dinamite alla giustizia si può infatti mettere in tanti modi.
Vorrei scendere nel dettaglio delle grosse criticità che la riforma presenta, ma non lo faccio perché, a questo punto, non ne vale la pena e anche perché siamo ormai di fronte a una farsa, visto che il Parlamento è chiamato solo a ratificare con una maggioranza bulgara tutto ciò che viene dal Governo.
La speranza è che questo andazzo finisca presto e il Parlamento torni ad esse il luogo di confronto e democrazia dove si promuove, si discute, si dibatte e si corregge per raggiungere poi decisioni politiche e sostanziali – ho una visione molto laica della politica: la politica è servizio per il benessere dei cittadini e della Nazione – e non resti un luogo dove si continuano a ratificare decisioni.
Ecco il mio intervento in aula di oggi, informiamo tutti su quanto sta accadendo a Roma!

Rosa Silvana Abate