FLOROVIVAISMO FALCIATO DAL VIRUS

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FLOROVIVAISMO FALCIATO DAL VIRUS, URGENTI INTERVENTI COMPENSATIVI TOTALI DALL’UE

IL SETTORE, AL PARI DELL’AGROALIMENTARE, È COLPITO DA ASSURDI BLOCCHI ALLE FRONTIERE SIA ESTERNE CHE INTERNE ALL’UNIONE, E PER DI PIÙ RISENTE DI UNA STAGIONALITÀ CHE PROPRIO IN QUESTO PERIODO RAPPRESENTA OLTRE IL 75% DEL FATTURATO DI UN ANNO

VALUTARE STRUMENTI FINANZIARI E REALI CHE PREVENGANO LA DISTRUZIONE DI PRODOTTI DI PREGIO ALTAMENTE DEPERIBILI E CONSENTANO DI SALVARE UNA FILIERA NAZIONALE DA 27.000 IMPRENDITORI E 200.000 OCCUPATI DIRETTI E INDOTTI, CON PUNTE DI ECCELLENZA NEL NORDOVEST: DALL’ANTICIPO DEL NEW GREEN DEAL ALL’ESTENSIONE DELLA POLITICA AGRICOLA COMUNE E DEI PIANI DI SVILUPPO RURALE

Il covid-19 minaccia seriamente di falciare il florovivaismo italiano, di abbattersi come la peggiore delle calamità naturali su un settore che in Italia mobilita una filiera di 27.000 imprese e 200.000 occupati fra diretto e indotto, con un valore prodotto equivalente di circa 2.9 miliardi di euro per il giardinaggio e prossimo ai 2,6 miliardi per l’attività florovivaistica in senso stretto protagonista di una performance nelle esportazioni cresciute a 884 milioni.
L’emergenza sanitaria pandemica da coronavirus è venuta a coincidere, con una drammatica scientificità, con il periodo dell’anno in cui si realizza oltre il 75 per cento del fatturato di tutti i complessivi dodici mesi, determinando la prospettiva di dover a breve distruggere la totalità del prodotto nel frattempo raccolto e frutto, a propria volta, dell’intenso lavoro di semina e colturale che ha contraddistinto i mesi precedenti e la passata stagione invernale.
Gli operatori coinvolti lamentano, anche con riferimento a questi giorni più recenti, lamentano blocchi ai confini che di fatto impediscono l’accesso a Paesi di destinazione come Croazia, Grecia e Romania, così come pure Francia e Spagna, con limitazioni e code infinite alla circolazione e in alcuni casi, sembrerebbe, addirittura la richiesta di fantomatiche certificazioni “virus free” per i soli prodotti italiani.
Le associazioni di categoria calcolano che, se entro i prossimi quindici giorni non si potrà procedere alla collocazione sui tradizionali mercati di sbocco del nostro made in Italy nel florovivaismo, sono compromesse centinaia di milioni di euro di controvalore di produzioni vegetali in deperimento che dovranno essere sradicate ed eliminate con gravissime conseguenze anche sulle prossime stagioni colturali che necessiteranno di trapianti, innesti e lavorazioni non più possibili e che dovranno saltare anche i successivi appuntamenti fieristici ed espositivo-commerciali, in Italia e all’estero, a oggi annullati per la prevenzione contro il coronavirus.
È importante a questo punto, anzi di categorica importanza per la continuità attiva del settore, un intervento di integrale compensazione finanziaria da parte della Commissione europea, nonché di immediata urgente applicazione delle linee guida emesse pochi giorni fa da Bruxelles per assicurare il funzionamento del mercato comune interno attraverso la fluidità del traffico commerciale, soprattutto laddove, come nel florovivaismo, le esportazioni possono rappresentare la sola via di salvezza per moltissime imprese il cui lavoro a livello nazionale è stato pressoché azzerato dal blocco precauzionale di eventi, feste, ricorrenze e cerimonie.
Molto può essere fatto fin da ora per impedire che aziende sane debbano soccombere per colpe non proprie e proprio in una fase nella quale si stavano adeguando, con un investimento organizzativo ed economico importante, al regolamento europeo sulle “patenti verdi (o patenti delle piante)” per garantire la salubrità e la tracciabilità dei prodotti vegetali.
È proponibile anticipare alcuni capitoli del New Green Deal al 2020, così come favorire il pieno rientro del florovivaismo nella politica agricola comune e quindi nei piani di sviluppo rurale – per gli aspetti non solo fitosanitari ma anche di promozione e commercializzazione – e fissare delle premialità per le amministrazioni pubbliche e gli operatori che, all’interno di progetti nei settori agricolo, turistico e infrastrutturale, utilizzino il lavoro delle imprese del “green garden” e della floricoltura a fini ornamentali e di richiamo estetico.
In Italia il florovivaismo rappresenta il 5 per cento della produzione primaria complessiva, ma in realtà come il NordOvest e la Liguria – con nicchie di rinomata fama internazionale come il Verbano Cusio Ossola e alcune aree della Lombardia – questa incidenza sale in misura molto importante, e il nostro Paese rappresenta quasi un quinto del volume d’affari, stimato in oltre 20 miliardi, del settore dell’intera Unione Europea.

GIANNA GANCIA parlamentare Europea del Piemonte e della Lega