Come noto, sul fronte interno, Pechino ha proseguito con il giro di vite regolatorio che ha toccato il settore tech e non solo: dopo aver imposto al colosso internet Tencent di rinunciare agli accordi esclusivi siglati con le principali major discografiche, il governo ha annunciato una serie di riforme per le aziende private del settore educativo (tutoring scolastico / e-learning) che di fatto impongono a queste di essere no-profit (vietando il fine di lucro) e limitano gli investimenti esteri nel settore.
Le nuove regole più stringenti verso questi settori sono l’espressione della volontà del Governo di raggiungere i propri “obiettivi sociali” anche a costo di incidere pesantemente sull’economia di un intero settore: la priorità, infatti, viene attribuita all’uguaglianza sociale, alla prosperità comune, alla riduzione delle situazioni di monopolio a favore di una maggiore competitività nei diversi settori. È proprio il timore della produzione di danni sociali da parte di imprese troppo grandi e con enormi capitali a disposizione a guidare le riforme del governo cinese: fra questi danni, come già detto vi sono l’alterazione della concorrenza e il crollo del tasso di natalità le cui cause sono da ricercarsi nei continui aumenti del costo per l’educazione dei figli che impatta negativamente sui bilanci delle famiglie.
Infine, il quadro è completato da indiscrezioni sui media cinesi che anche il financing degli sviluppi immobiliari è prossimo ad un giro di vite, cosa che ha accentuato la tensione sui mercati nel timore che la pressione delle riforme possa stendersi in altri ambiti come quello delle società tecnologiche e dei servizi medici.
Queste continue interferenze dei regulators stanno innervosendo parecchio gli investitori: le aspettative di crescita degli utili subiranno inevitabilmente ripercussioni negative (con revisioni al ribasso) ma le valutazioni raggiunte riteniamo che al momento siano assolutamente interessanti.



