GUALTIERI STYLE, TRA VISCIOLE E ZERO CINGHIALI

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Notiamo con un certo rammarico il tentativo di non cogliere la vera, grande novità che accompagna l’arrivo di Roberto Gualtieri in Campidoglio

Pur di sviare i cittadini-lettori, la grande stampa usa come arma di distrazione di massa la torta con ricotta e visciole. Lui “sceglie sempre lei” e pur “in tempo di marron glacés”, il più votato non sente ragioni e si fionda, competente e determinato, sulla lasciva leccornia, scansando “pastarelle, crostatine, meringhe, rotoli con cioccolato e mont blanc” (Repubblica). Un racconto ad alta gradazione glicemica quello sul nuovo sindaco di Roma (uno di noi, uno come noi) che si dipana da Dolce Kosher, l’amata pasticceria di via Fonteiana, al barbiere di fiducia (“lo stesso di Francesco Totti”, da bravo romanista), fino alla soglia del “supermercato” naturalmente “Doc”. Egli, invariabilmente “discreto, squisito, gentile, quando viene si mette in coda come tutti”: proprio come Mario Draghi, negli alimentari di Città della Pieve, non spintona, non sputa per terra ed evita di prendere a calci chi lo precede. Un comportamento straordinario che non sfugge neppure al Messaggero, infatti (e qui torniamo in zona visciole e ricotta) “non passa mai avanti, non prova a intrufolarsi o a farsi vedere per essere servito prima”.

È l’inconfondibile stile dei Migliori, baciati dalla sorte e da madre natura: “È alto, ha un passo svelto, sempre vestito elegante, diciamo che si nota, spiega una signora” (Repubblica). Insomma, un figaccione. Su tutto aleggia “un misto di commozione e di grande speranza, il sentimento che si fa largo tra le strade alberate di Monteverde tra gli angoli di questa parte di Roma che ieri rivendicava un primato tutto suo: è qui che abita il nuovo sindaco” ( Il Messaggero). Come si vede, un ritratto sobrio ed emozionante, ma che insiste a non voler cogliere il vero significato dell’Avvento: la scomparsa dei cinghiali. Gli ultimi erano stati avvistati nei paraggi della Cassia, proprio alla vigilia dei ballottaggi, come estremo monito per l’elettore e le guardie zoologiche. Ma allora che senso ha divagare tra pasticcini e rasoi nel momento in cui i voraci ungulati, eterna piaga della Città eterna negli anni bui di Spelacchio e di Virginia Raggi, sembrano disdegnare i cassonetti (forse già svuotati e tersi) per un ritorno alla natura? Non cogliere questi prodigi come manifestazione di una epifania belloccia e di un rinascimento alle visciole, è omissione che non può non sconcertare.

Antonio Padellaro