Guerra: le donne le più penalizzate dalla crisi, occupazione sotto il 50%

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Che a pagare il prezzo maggiore della crisi innescata dalla pandemia siano state le donne è, oltre che una sensazione diffusa, un dato riscontrabile in molte rilevazioni e indagini statistiche degli ultimi mesi.

Ma ora di questo divario se ne ha una fotografia d’insieme nel Bilancio di genere 2021 (relativo all’esercizio 2020), che il ministero dell’Economia ha redatto in linea con le normative europee e che verrà illustrato nei prossimi giorni in Parlamento dalla sottosegretaria Maria Cecilia Guerra. Che sottolinea: «La pandemia ha allargato la forbice tra donne e uomini.

C’è stata una significativa perdita di occupazione, ma anche un peggioramento delle condizioni di lavoro e un conflitto vita lavoro più aspro del passato».

Attraverso una riclassificazione delle spese del bilancio dello Stato in chiave di genere e l’esame di una serie di indicatori statistici viene fuori il peggioramento della situazione. Che si manifesta innanzitutto nel mercato del lavoro. Per la prima volta dal 2013, nel 2020 il tasso di occupazione femminile è sceso, finendo sotto il 5096, al 49% per la precisione. Particolarmente critico è il dato relativo alle donne giovani (33,5%) e a quelle residenti nel Mezzogiorno (32,5%).

Cresce inoltre il divario con il tasso di occupazione maschile, arrivando a 18,2 punti percentuali e aumenta la distanza dal tasso di occupazione femminile medio nell’Ue (62,7%). Nel 2020 è salita anche la quota di donne Neet, cioè che non studiano e non lavorano, passando dal 27,9% del 2019 al 29,3%, contro una media europea del 18%. In crescita anche la percentuale di lavoratrici costrette ad accettare il part-time: 61,2%. E qui la distanza rispetto alla media Ue del 21,6%, è impressionante. In termini assoluti sono 1,8 milioni le donne con un contratto part-time involontario contro 849mila uomini.

Le più svantaggiate di tutte sul lavoro sono le donne con figli in età prescolare, che hanno un tasso di occupazione di circa 20 punti inferiore a quello delle donne senza figli. «Al di là della retorica del sostegno alla maternità – dice Guerra – nel nostro Paese figli e lavoro continuano a essere largamente inconciliabili». Indicativo il forte incremento delle donne che hanno fatto ricorso allo smart working nel corso del 2020: il 16,9% rispetto all’1,3% del 2019 mentre la quota riguardante gli uomini è passata dall’1,5% al 12,8%. Eloquenti anche i dati sui congedi Covid: i 300 mila minori interessati sono stati presi in carico per il 79% dalle madri e solo per il 21% dai padri. Dati coerenti con quelli dei congedi parentali, dove le richieste dai padri sono state il 22% del totale.

In questo quadro, appare insufficiente lo sforzo del Bilancio: solo Io 0,56% delle spese può essere classificato come «direttamente indirizzato a ridurre le diseguaglianze – sottolinea Guerra -. Ma non ce la si può cavare con qualche aiuto monetario, bisogna ripensare radicalmente l’organizzazione del mercato del lavoro e della società».