I centri per l’impiego dopo vent’anni di incurie

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La riforma che in Italia ha introdotto il Reddito di cittadinanza, una misura di civiltà voluta dal MoVimento 5 Stelle, ha l’obiettivo di rivoluzionare anche i centri per l’impiego, gli ex uffici pubblici di collocamento, creati nel 1997, per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Per quasi 20 anni sono stati oggetto di riforme che, però, non hanno centrato l’obiettivo: aiutare le persone a trovare un’occupazione. Ci hanno provato tutti i governi, dal 1997 in poi, ma senza successo: demandando prima le competenze in materia di gestione dei centri per l’Impiego alle Regioni, poi aprendo alla concorrenza con le Agenzie interinali, in ultimo creando un nuovo ente: l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal). Ma nessuno ha investito né su infrastrutture informatiche né sul personale.

E sapete perché? Perché l’Italia, stando ai dati Eurostat, ha devoluto all’anno appena 0,05% del Prodotto interno lordo (Pil) ai servizi per il lavoro, contro lo 0,36 della Germania o lo 0,25% della Francia.

Quando due anni fa, il MoVimento 5 Stelle è arrivato al governo, i centri per l’impiego potevano contare su appena 8 mila dipendenti in 552 uffici di tutta Italia. Numeri lontani da quelli della Germania, che ne ha 100 mila, o della Francia, dove i dipendenti sono 54 mila. Così siamo intervenuti, stanziando 1 miliardo di euro per infrastrutture e assunzioni, e arrivare entro il 2021, a circa 20 mila dipendenti (11.600 in più rispetto ad oggi), demandando alle Regioni il compito di avviare le selezioni pubbliche.

In più, abbiamo assegnato ad Anpal un contributo di 10 milioni di euro per il suo funzionamento, affidando all’Agenzia il compito di assumere, per 18 mesi con contratti di collaborazione, 2.800 professionisti, i famosi navigator, che non sono degli ‘scappati di casa’, come qualcuno li ha definiti, ma laureati, inseriti per accompagnare i beneficiari del Reddito di cittadinanza nella fase di ricerca e inserimento nel mondo del lavoro.

Non abbiamo certamente la bacchetta magica e la situazione che abbiamo ereditato la dice lunga sullo stato di salute dei servizi per il lavoro in Italia. E nonostante un sistema, che per decenni non ha brillato per efficienza, e nonostante il lockdown e la crisi Covid.19, i dati di Anpal dicono che sono 196 mila i beneficiari del Reddito di cittadinanza ad aver firmato un contratto di lavoro.

Adesso la riforma va completata, ma il percorso, che il MoVimento 5 Stelle ha cominciato, non si ferma.

Non si è mai interrotto, nonostante la caduta del governo Conte 1. In questi mesi durissimi, il premier Conte e le ministre Catalfo e Pisano hanno continuato a lavorare per sviluppare un software unico e creare a una banca dati nazionale, capace di incrociare domanda e offerta di lavoro. Oggi non esiste, esistono, invece, 20 sistemi informativi del lavoro, uno per Regione, che dovrebbero occuparsi di far incontrare aziende e lavoratori ma che in pratica non dialogano tra loro.Scontiamo un ritardo infrastrutturale decennale e lavoriamo per colmarlo, riparando i danni provocati da chi ha fatto dell’Italia il Paese più indebitato d’Europa.

Siamo tornati ad investire e lo abbiamo fatto senza lasciare indietro nessuno, creando le condizioni per agevolare le aziende ad assumere i profili professionali di cui hanno bisogno e i disoccupati a trovare un’occupazione.