I giovani continuano a fuggire dall’Italia

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Young man with backpack in airport near flight timetable

I giovani continuano a fuggire dall’Italia. Il Mezzogiorno continua a perdere giovani fino a 14 anni (-1.046 mila) e popolazione attiva in età da lavoro da 15 a 64 anni (-5.095 mila) per il calo delle nascite e la continua perdita migratoria. Il saldo migratorio verso l’estero ha raggiunto i -50mila nel Centro-Nord e i -22 mila nel Sud. E’ lo scenario che emerge dal Rapporto Svimez 2019 presentato a Roma.

La nuova migrazione, evidenzia il Rapporto, riguarda molti laureati e più in generale giovani con elevati livelli di istruzione, molti dei quali non tornano più. Dall’inizio del nuovo secolo hanno lasciato il Mezzogiorno 2.015 mila residenti, la metà giovani fino a 34 anni, quasi un quinto laureati. Un’alternativa all’emigrazione è il pendolarismo di lungo periodo, che nel 2018 dal Mezzogiorno ha interessato circa 236 mila persone (10,3% del totale). Di questi 57 mila si muovono sempre all’interno del Sud, mentre 179 mila vanno verso il Centro-Nord e l’estero.

Il Reddito di cittadinanza ha avuto un impatto nullo sul lavoro, la povertà non si combatte solo con un contributo monetario, occorre ridefinire le politiche di welfare ed estendere a tutti in egual misura i diritti di cittadinanza, dice l’analisi della Svimez. Peraltro, si spiega nel rapporto, l’impatto del RdC sul mercato del lavoro è nullo, in quanto la misura, invece di richiamare persone in cerca di occupazione, le sta allontanando dal mercato del lavoro.

E ancora: il Nord Italia non è più tra le locomotive d’Europa. Secondo il Rapporto, alcune regioni dei nuovi Stati membri dell’Est superano per Pil molte regioni ricche italiane, avvantaggiate dalle asimmetrie nei regimi fiscali, nel costo del lavoro e in altri fattori che determinano ampi differenziali regionali di competitività.

Inoltre, c’è una stagnazione aggravata da dinamiche demografiche avverse che riguardano tutto il Paese e segnatamente al Sud. Secondo il rapporto, per effetto della rottura dell’equilibrio demografico – bassa natalità, emigrazione di giovani, invecchiamento della popolazione – il Sud perderà 5 milioni di persone e, a condizioni date, quasi il 40% del Pil. Solo un incremento del tasso d’occupazione, soprattutto femminile, può spezzare questo circolo vizioso.

Per la Svimez bisogna tornare a una visione unitaria della stagnazione italiana, smarcandosi dalla lettura dell’aumento delle disuguaglianze esclusivamente legata al confine immutabile tra Nord e Sud. Per questo motivo vanno valorizzate le complementarità che legano il sistema produttivo e sociale delle due parti del Paese.