I “PFAS”: un grosso attentato alla nostra salute.

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In peggioramento le quantità riscontrate in tutti gli ambienti del nostro Pianeta.
In aumento i danni provocati alla salute

TORINO – PFAS – PFOA – PFOS…cC6O4 … Alchilperfluorati e Polifluorurati, Acido perfluoroottanoico, Acido perfluoroottansolfonico… diastereoisomeri a base di fluoroacetato…: nomi complessi, nomi difficili che spaventano perché non se ne conosce il significato ed il contenuto…

Oggi si contano oltre 4700 prodotti di questo tipo, con oltre diecimila derivati, provenienti da sintesi chimiche diverse, prontissimi a minare la nostra salute.

Così, oltre ai cambiamenti climatici, alle plastiche ed alle microplastiche, che attraverso gli oceani ed i mari entrano nel ciclo alimentare umano, molto subdolamente sta anche crescendo nell’ambiente  la presenza dei cosiddetti “PFAS” (la maggior parte dei quali sono idrosolubili non biodegradabili e difficilmente eliminabili).

I “PFAS” – termine che accomuna la numerosa famiglia dei prodotti di cui sopra – sono ancora poco conosciuti dal grande pubblico pur essendo, tutti giorni, a contatto con essi.

Con questo articolo ci proponiamo di farveli meglio conoscere per sapere dove si trovano, quali conseguenze possono causare alla salute umana, cosa stanno facendo “i competenti” – i governi, i vari ministeri della salute ed il mondo produttivo – per ridurli o, meglio, eliminarli.

Si tratta di una classe di composti chimici nati negli anni ’40 che si ritrovano ovunque, in tantissimi prodotti in uso nella nostra vita quotidiana: gas refrigeranti, pentole antiaderenti, carta da forno, cosmetici, filo interdentale, capi di abbigliamento e scarpe impermeabilizzati, lubrificanti, vernici, pesticidi, pure in alcuni imballaggi alimentari,… Ognuno di questi composti resta nell’ambiente molto a lungo – così come nel corpo umano – con tempi lunghissimi per venire assorbito o espulso.

Negli ultimi anni studi scientifici (università, laboratori, centri attrezzati….) ne hanno accertato e fatto emergere i preoccupanti effetti sulla salute umana, indicando anche le negative, possibili conseguenze sul sistema endocrino – con alterazione dei livelli di ormoni tiroidei e sessuali (fertilità) -, su reni, cuore, polmoni, pancreas (diabete, alcuni tipi di cancro…).

Nel febbraio 2024 The Lancet Planetary Health (famosa rivista scientifica internazionale sulla salute) scrive che i Pfas sono in grado, nelle gestanti, di superare la barriera placentare ed arrivare al feto…

La causa principale è l’assorbimento infracellulare, lento e progressivo, attraverso l’acqua sia del rubinetto sia dei cibi, che porta al bioaccumulo: la capacità di persistere a lungo, quindi, crea una potenziale fonte continua di esposizione. Il pericolo più grande è che la loro presenza non provoca alcuna manifestazione immediata di sintomi.

Dopo queste scoperte l’industria ha spostato la produzione dagli originari e classici “Pfas” ai nuovi prodotti, come il cC6O4, sui quali non esiste alcuna documentazione circa gli effetti sull’uomo, né regolamentazione sul suo uso. Seppur in minima parte, qualcosa però è stato fatto.

L’Arpav (agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Veneto) dal 2019 – nei monitoraggi delle acque superficiali, Po compreso – ha ampliato il campo di ricerca degli inquinanti aggiungendo ai prodotti “Pfas” anche la nuova sostanza cC6O4, di cui ha riscontrato la presenza in alcuni tratti (*).

Il Dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione (BCA) e il Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, in collaborazione con il Consiglio nazionale delle Ricerche (IRSA-CNR- Brugherio), hanno pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Environmental International i risultati di un loro lavoro che riporta gli effetti del cC6O4 sulla vongola filippina (vongola verace) esposta a questa sostanza.

<<I risultati del nostro studio dimostrano chiaramente che il cC6O4 altera in modo significativo, e per alcuni versi ancora maggiore del PFOA, i processi biologici della vongola filippina – spiega il prof. Tomaso Patarnello, del Dipartimento BCA dell’Università di Padova e coordinatore della ricerca.

Questa specie, oltre ad essere molto apprezzata sulle nostre tavole, è un organismo chiave per l’ecosistema lagunare anche in ragione del fatto che è un organismo filtratore e quindi accumula le sostanze presenti nell’acqua.

Può essere quindi considerato un organismo sentinella e le alterazioni dopo l’esposizione al cC6O4 osservate nell’espressione dei geni della vongola legati a processi biologici fondamentali come la risposta immunitaria, lo sviluppo del sistema nervoso o il metabolismo lipidico, sono dati molto allarmanti…>>.

Il valore massimo consigliato dall’ISS (Istituto Superiore di Sanità) di Pfas nel flusso sanguigno è di circa 8 ng per grammo di sangue.

Nelle zone rosse del Veneto a partire dal 2019 alcuni screening, limitati, sulla popolazione hanno rilevato quantità di PFAS nel sangue superiori a 35 volte il limite massimo (circa 300 ng/g).

Il 18 gennaio 2024 scriveva la collega giornalista Laura Fazzini sulla rivista “La via  libera”: “…da martedì 16 gennaio il personale sanitario dell’ASL di Alessandria (a Spinetta Marengo ha sede la multinazionale Solvay Solexis, dal dicembre 2023 Syensgo, maggior produttore di composti perfluorati in Italia) ha iniziato ad eseguire le analisi del sangue alle persone residenti nei pressi dello stabilimento, che hanno aderito su base volontaria…”.

Dalla stessa collega apprendiamo che (5 marzo 2024) Greenpeace ha presentato degli esposti alla Procura di Torino ed a quelle di Ivrea, Alessandria e Novara, contro la Regione Piemonte che non avrebbero agito per evitare la contaminazione di Pfas nell’acqua potabile.

Il principale metodo di rimozione di questi prodotti dall’acqua è l’uso dei filtri al carbone attivo granulare (in Veneto molto usato); mentre per rimuoverli dal sangue occorre la plasmaferesi, che permette di eliminare piccole quantità di plasma (albumina) dove questi si annidano.

L’Italia è uno dei Paesi europei più colpiti dall’inquinamento di Pfas, informare sui rischi, quindi, è un dovere professionale che abbiamo fatto nostro.

Le regione Veneto – quella più direttamente interessata – nello scorso dicembre ha nuovamente deliberato una serie di analisi di campionamento nelle zone più interessate, atte a valutare il rischio nell’alimentazione (vegetali), in collaborazione con l’ISS.

Ed in Europa com’è la situazione? Non è migliore!

In Danimarca sono stati trovati Pfas in fanghi industriali, nelle acque reflue e persino nell’erba, nelle pecore, nei pesci, nelle foche e, in generale, nel pescato marino. Dal 2020, perciò, ha emanato la legislazione più rigida al mondo sull’argomento. Germania e Belgio segnalano molte difficoltà nel limitare ed eliminare questo tipo di inquinamento.

Si è mossa al riguardo anche la Commissione Europea, che ha proposto una revisione più severa per i Pfas, revisione che prevede  – negli alimenti, soprattutto nei prodotti ittici – anche la ricerca di Gen X e C6O4, prodotti per i quali è stato stabilito un fattore di “potenza tossicologica”, aumentando le cautele di rischio rispetto all’opinione EFSA 2020 (commissione europea sanitaria). Alcuni stati membri l’hanno bloccata!

Nel gennaio 2024 Danimarca, Germania, Norvegia, Paesi Bassi e Svezia hanno proposto all’Agenzia UE per le sostanze chimiche (Echa) di vietare tutti i circa 10.000 prodotti Pfas, visto che si conoscono le alternative industriali, a partire dal 2026/2027.

Notizie di questi giorni riferiscono che in USA sono stati eliminati i Pfas dall’industria dell’imballaggio. Nel frattempo proseguono, un po’ ovunque, i campionamenti di acque e suolo, nell’attesa che vengano messi al bando questi prodotti.

Ultima informazione: il secondo convegno dell’Osservatorio PFAS si terrà a Roma sabato 20 aprile 2024 e a Padova sabato 11 maggio 2024 …seguiamolo e ne sapremo di più!

(*) La determinazione analitica condotta dai laboratori Arpav, poiché non è disponibile in commercio uno standard, si basa su un composto di grado tecnico e deve essere considerata “semi-quantitativa”. La metodica presa a riferimento per la determinazione della sostanza è Rapporti ISTISAN 2019/7 pag. 151 ISS.CBA.052 e il limite di quantificazione è attualmente pari a 40 ng/L.

FONTI:
www.osservatoriodeidiritti.it/pfas
www.arpa.veneto.it/pfas
www.unipd.it
www.TheLancetPlanetaryHealth,italia/pfas
www.foodandtec.com
www.lavialibera.it/pfas
https://edition.cnn.com/2019/09/04/health/denmark-pfas-food-packaging-ban-intl/index.html
www.PFAS.land/EEBEuropeanEnviromental

Bureau Studio specifico e relazione finale sui Pfas – Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova.

franco cortese
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