Il partito del Lingotto di fronte alla Romagna mostra tutti i suoi limiti

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Il partito leggero, il partito degli eletti, dimostra tutta la propria inadeguatezza nell’attuale momento politico, quando la maggioranza di governo manifesta una inusuale arroganza e la chiara volontà di occupare tutto quel che è occupabile, nelle istituzioni politiche e nel settore pubblico dell’informazione. Di fronte a questo show di dominio della maggioranza, l’opposizione parlamentare è per forza di cose debole

 

La inadeguatezza del “partito del Lingotto” – appunto, leggero e degli eletti — emerge con forza nella Romagna e nelle aree montane dell’Emilia che sono state massacrate dalle alluvioni e dalle numerosissime frane dei mesi scorsi. Di fronte all’emergenza socio-economica e idrogeologica, il governo ha adottato la strategia della lentezza sistemica. In prima battuta, ha cercato di tener buoni i governatori con promesse di aiuto e pacche sulle spalle.

Poi ha temporeggiato nella nomina del commissario per la ricostruzione con lo scopo evidente di bloccare la candidatura di Stefano Bonaccini e, in prospettiva, di scippare alla sinistra il governo della regione Emilia-Romagna.

In terza battuta, ha nominato commissario il generale Francesco Paolo Figliuolo, il quale ha nominato tre subcommissari (i presidenti delle regioni Toscana, Emilia-Romagna, Marche), stabilendo una gerarchia umiliante che ha tutta l’aria di corresponsabilizzare le amministrazioni regionali senza dar loro potere di borsa, ma apparendo potenti agli occhi dei cittadini e attirando eventualmente le loro critiche. In questa logica barocca, la responsabilità del governo di Roma scompare.
LASCIATI SOLI

In tale procedere a rimetterci sono i cittadini delle aree alluvionate, sempre più insoddisfatti e lasciati soli, con la prospettiva o di abbandonare i loro paesi o di adattarsi a vivere in condizioni svantaggiate. L’autunno alle porte li spaventa. In questa condizione si mostra in tutto il suo splendore la debolezza del partito degli eletti.

Le rimostranze dei sindaci e del presidente della Regione non hanno riscontro. Le critiche sui social e i video autogestiti dai cittadini per denunciare la loro condizione trovano spazio nei talk show e servono più ad alzare l’ascolto che a muovere il governo. Manca un partito di opposizione che sia in grado di farsi leader della mobilitazione, capace di proporre parole d’ordine ragionate e proposte efficaci, di rendere le popolazioni un collettivo con una voce sola, non una lista di eventi o rimostranze.

La debolezza del partito degli eletti non è risolta dall’energica leadership di Elly Schlein. Senza un collettivo che sappia promuovere partecipazione e organizzare le opinioni dei cittadini, una leader solitaria può poco. Anche perché l’avversario non è un’ordinaria maggioranza, una per intenderci come quelle che abbiamo conosciuto nei decenni scorsi, quando le maggioranze e le opposizioni pur nella distinzione dei ruoli cooperavano nella gestione delle istituzioni.

Questa maggioranza ha in dispetto le istituzioni se non può dominarle; critica la divisione dei poteri e potendo manovra per convincere gli italiani che un governo forte è un governo la cui voce sopravanza tutte le istituzioni. Rispetto a questo che tecnicamente si può definire con Alexis de Tocqueville «dispotismo della maggioranza», un partito d’opposizione che è partito degli eletti rischia di essere solo un pezzo di arredamento: a provare che siamo ancora, dopotutto, in una democrazia.

NADIA URBINATI