Il tasso, ritenuto tra gli alberi più antichi al mondo, definito come Albero della Morte, in quanto velenoso in tutte le sue parti ad eccezione della polpa della bacca che nasce solo nella pianta femminile, è apparso nella letteratura antica fin dal IV secolo a.C. Utilizzato dai druidi per fabbricare bacchette e bastoni magici, era considerato uno dei cinque alberi sacri, nato dal frutto di un albero del Paradiso e portato nel nostro mondo dall’Aldilà come portale di accesso
Un tasso unico e raro: vive da centinaia di anni nel Supramonte di Urzulei in Sardegna ed è un vero e proprio monumento vivente, longevo e spettacolare. Il suo tronco nodoso e ingarbugliato è lungo ben 28 metri. Si dice abbia più di mille anni, in realtà, secondo il parere degli esperti dovrebbe avere circa 500 anni, portati comunque molto bene.
Taxus baccata. Il tasso è velenosissimo. Lo sapevano già gli antichi. Strabone racconta di frecce avvelenate letali in uso presso i popoli della Gallia; Plinio lo diceva il più funesto tra gli alberi, albero motifero; Plutarco diceva che anche coricarsi all’ombra di un tasso potesse condurre alla morte .
Il padre di Amleto fu ucciso da suo fratello con del veleno di tasso nell’orecchio. Ancora “ieri” le nonne raccontavano per spaventare, di incauti bimbi morti perché ingolositi dai carnosi arilli. Il simbolismo funereo del tasso è tanto profondo e antico che si dice che queste piante costeggiassero il sentiero di Ecate che portava nell’Ade e che le streghe orripilassero i propri perseguitati con le mostruse ombre generate da torce di quel legno tanto oscuro.
Nel mondo celtico il tasso è uno dei cinque alberi sacri della conoscenza, Idho lo chiamavano, posto a nord della Croce Celtica, guardiano dell’inverno e della morte. Viene ancora oggi piantato nei cimiteri e si racconta che ogni defunto sia raggiunto da una radica di questo albero che si insinua nella bocca.
Eppure, per una dicotomia già vista nel regno delle piante, il tasso é anche però potenza cosmica. É albero divinatorio e simbolo di vita eterna per via della sua longevità; in Italia ci sono esemplari di oltre mille anni e nel mondo se ne trovano alcuni che sembra possano sfiorare i 3000!
I Cimri del Galles sostenevano che fosse l’essere più longevo al mondo potendo raggiungere addirittura i 19.653 anni.
La sua lavorabilità, resistenza e indeformabilità ne hanno fatto un materiale privilegiato nell’uso artigianale. Gli Egizi addirittura lo importavano da terre lontane per sarcofagi e maschere funebri. Più a nord i Druidi lo scelsero per farne il loro bastone. Proprio perché longevi e resistenti, i tassi sono sempre stati usati come materiale per fabbricare armi da guerra. Il nome deriva dal Greco “Taxos” che significa “arco” ed in effetti l’uso di quest’essenza per la creazione di armi è documentata fin dall’antichità; l’arco ritrovato fra le cose della mummia dell’uomo di Similaun era di tasso ad esempio, ma la sua vera fama si diffuse durante il medioevo grazie al potentissimo arco lungo (longbow) inglese.
Questi archi sfruttavano le differenze merceologiche di alburno e durame di uno stesso ramo di tasso. Il durame é la parte interna del tronco; é duro e resistente, veniva tenuto dal lato dell’arciere e serviva a fornire resistenza alla compressione. L’alburno, piu’ chiaro e resistente alla trazione rimaneva rivolto verso il bersaglio e forniva elasticità all’arco.
Per essere arruolati nell’esercito inglese di Edoardo I il Plantageneto bisognava essere in grado di tendere un arco che sviluppasse 100 libbre di trazione (45.36 kg!).
Tra il tredicesimo e il sedicesimo secolo la richiesta di legno di tasso per fabbricare armi fu talmente elevata da decimare dapprima i boschi inglesi, e poi quelli spagnoli e dei territori anseatici, da cui gli inglesi lo importarono una volta esaurito il proprio. La popolazione europea di tassi non si è mai più ripresa da quei secoli di guerra. Il più antico manufatto umano è una punta di lancia intagliata in legno di tasso pressocchè intatta, scoperta nel 1911 a Clacton in Inghilterra, e datata 150.000 anni fa.
Il tasso appartiene alla Divisione Pinophyta, termine moderno che si può considerare sinonimo del desueto “Conifera”. È sempreverde come l’abete e gli organi riproduttivi sono portati da individui diversi: i maschi producono coni spermatici e le femmine coni gemmiformi fertili che diventano a maturazione semi legnosi circondati da una polpa carnosa e dolciastra derivata dalla trasformazione delle squamette gemmali che prende il nome di arillo.
È un arbusto compatto che in natura può crescere anche fino a 15 m di altezza. I suoi fusti cominciano a ramificare vicino al suolo subito coperti da foglie aghiformi. Individui maschili e femminili si fecondano a distanza grazie agli impollinatori e se l’impollinazione é affidata agli insetti (entomogamia) la propagazione è invece affidata agli uccelli (propagazione ornitogama) che ingoiano l’arillo e, attraverso il processo digestivo, il seme intatto viene espulso nel terreno, dando origine a un nuovo esemplare di tasso lontano dal genitore.
La pianta é fortemente tossica, specialmente le foglie vecchie ed i semi ma gli arilli sono invece eduli. Bisogna fare estrema attenzione però se si vuole consumarli in sicurezza perché anche piccole lesioni al seme possono inquinare di tassina (alcaloide narcotico e paralizzante) la rossa polpa dell’involucro e provocare intossicazioni anche mortali.
Un tempo la tradizione ne sfruttava certe qualità; si credeva che il legno di tasso guarisse le fratture, allontanasse le verruche e lo si usava come abortivo e suicidante ma la moderna medicina ne ha tratto usi migliori arrivando alla formulazione di preparati ad uso chemioterapico capaci di limitare la formazione di neoplasie delle ovaie (R. M. Suozzi . Le Piante Medicinali. Roma 1994) ed opportunamente trattato può fornire un rimedio alla scarsa mobilità vescicale.
La specie sta diventando poco comune in natura anche a causa della lentezza di crescita e dell’intenso utilizzo del suo legno per l’intaglio ma viene ampiamente coltivata per farne siepi, ad esempio per giardini all’italiana perché sopporta eccellentemente la potatura in ogni periodo dell’anno e il suo portamento può essere foggiato in qualunque forma il senso estetico dell’uomo decida (arte topiaria).
Alcuni esemplari millenari si trovano in Sardegna (comune di Bono SS) dove l’area su cui vivono è stata dichiarata “monumento naturale” già dal 1994 con il decreto n. 24 del 29 gennaio, dall’Assessorato della Difesa dell’Ambiente della Regione Sarda ai sensi della L.R. n. 31/89. Anche nelle Marche i frati dell’Eremo di forte Avellana riportano di un tasso di 1000 anni.
Questi esemplari sono nati prima che Santa Ildegarda nascesse, prima di Riccardo Cuor di leone; al tempo in cui Guido da Arezzo dava i nomi alle note e a Bologna nasceva la prima, vera università del mondo.
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