Io sicuramente ero un bambino con delle qualità, ero bravino ma non ero l’unico

0
55

In quegli anni c’era una bella leva calcistica. Forse io rispetto ad altri ho preso il tutto più seriamente, avevo voglia di crescere e migliorare e anche con tanti sacrifici, personali e dei miei genitori, ho investito tanto sul calcio. Per me la questione non era solo andare in campo, guardavo le partite, fantasticavo, cercavo di andare oltre i miei limiti. Provavo a metterci testa, cuore e tenacia”.

“I miei genitori sono state delle figure fondamentali. Quando si trattava di scegliere se continuare a studiare o puntare come io desideravo al calcio, mi hanno sostenuto. Non finirò mai di ringraziarli anche perché non era scontato che accadesse così. La nostra era la realtà di un piccolo paese dell’interno dove si viveva di pastorizia, agricoltura e i figli si mandavano a studiare. Mio padre è stato pastore, camionista e poi barista, non un uomo di sport, eppure mi ha seguito e stimolato in un percorso poi gratificante e appagante. Visto come è andata, sono contento per loro e per il loro coraggio”.

Cagliari la sua terra, il suo porto sicuro. Londra la città che lo ha adottato dal 1996 al 2003, diventando per tutti “Magic Box”, il giocatore più amato nella storia dei Blues secondo i tifosi. Dopo il suo addio, nessun giocatore ha più vestito la maglia numero 25.

Curioso l’episodio avvenuto qualche anno prima di un Chelsea-Tottenham. Zola era stato invitato da una tv inglese per commentare il match assieme ad altri personaggi importanti come Rio Ferdinand e Harry Redknapp. Uno steward dello Stamford Bridge non aveva riconosciuto Zola e non voleva farlo entrare. A quel punto è stato proprio Ferdinand, avversario di tante battaglie, a richiamare l’attenzione dello steward.

“Ragazzo, ti conviene farlo entrare. Forse non lo sai, questo stadio è suo”.

Magicamente Gianfranco Zola!

Fonte: La Nuova Sardegna   e calcio totale facebook