“Ipotecare i porti per finanziare la ripresa”: la proposta choc di Luigi Zanda

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GENOVA – “Ipotecare i beni di proprietà dello Stato per ottenere prestiti che consentano all’Italia di ripartire”: è la proposta del senatore del Partito Democratico Luigi Zanda, che ha lanciato l’idea in un’intervista al Corriere della Sera.

Il prestigioso quotidiano ha inserito nel titolo i ‘nomi forti’ citati da Zanda, come Montecitorio e Palazzo Chigi che, a giudizio del senatore, potrebbero essere dati in garanzia al sistema bancario per ottenere ingenti somme di denaro per finanziare la riprtenza dell’Italia dopo il coronavirus.

Ma tra le righe delle dichiarazioni di Zanda ce n’è una che merita particolare attenzione: “Mi domando se si possa far rientrare (in questa proposta, ndr) anche il demanio non strategico né militare, facendolo concorrere al grande sforzo che attende il Paese”. Il giornalista, a questo punto, domanda: “Sta pensando alle spiagge”? “Non alle parti indisponibili – risponde Zanda – e poi anche ai porti e agli aeroporti”.

Ipotecare porti e aeroporti per finanziare la ripresa? Cosa vorrebbe dire?

I porti italiani appartengono al cosiddetto ‘demanio marittimo’, sono cioè territori di proprietà della Stato: l’articolo 822 del Codice Civile spiega che “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia e le opere destinate alla difesa nazionale”.

Ogni società privata che opera sul demanio marittimo lo fa dunque in regime di ‘concessione’: lo Stato, nel caso dei porti attraverso le Autorità di Sistema Portuale, attribuisce il diritto a una società terza (detta ‘concessionario’) di operare sul suo territorio, per un periodo ben definito e in cambio di un piano di investimenti e volumi di business da rispettare. Ogni nuova costruzione eventualmente autorizzata all’interno della superfici attribuite in concessione, costituisce diritto di superficie collegato alla stessa durata della concessione, al termine della quale torna allo Stato.

Analogo è il quadro normativo entro il quale operano gli aeroporti, che appartengono al ‘demanio aeronautico’: le aree degli scali civili restano di proprietà dello Stato e vengono attribuite all’ENAC, che ha il potere di affidarle in concessione.

Cosa succederebbe se passasse la proposta di Luigi Zanda?

Alienare il demanio marittimo o aeronautico è un’ipotesi, sulla carta, molto pericolosa: rappresentano infatti due asset fondamentali per uno Stato sovrano. Metterli a garanzia di un grosso prestito significa porne a rischio l’intera proprietà futura, con ricadute inimmaginabili.

In Grecia, ove la regolamentazione sul demanio è diversa dalla nostra, il porto del Pireo è finito totalmente in mano cinese; in Italia un’operazione simile è vietata dalla legge: gli investitori stranieri (che pure sono ben presenti nel nostro Paese, Maersk e Cosco a Savona, Singaporte Port Authority a Pra’, solo per citare due esempi) possono limitarsi a gestire per un ben definito lasso di tempo una banchina, per poi restituirla allo Stato.

Veramente l’Italia vuole mettere a rischio i suoi beni economicamente e strategicamente più preziosi? Su Primocanale il dibattito è aperto.