Italia-Usa, è arrivato il tempo di una nuova intesa

0
13

La crisi della superpotenza americana, che dal 1945 è di fatto garante della nostra sicurezza nazionale, ci impone una revisione strategica. Una proposta operativa potrebbe consistere in un’intesa bilaterale speciale fra Italia e Stati Uniti.

L’idea parrebbe controintuitiva, ora che l’impero americano cui apparteniamo è destabilizzato dai tormenti della nazione a stelle e strisce. A noi pare invece ragione di più per confermarci soci del club occidentale, per quel che ne resta, e contribuire a evitarne l’implosione.

Non però da appendice inerte, fra umilianti servilismi e opportunismi spiccioli. Passività e furberia sono tollerabili, talvolta godibili, in tempo di pace. Non in pieno cambiamento geopolitico.

Eppoi, quale sarebbe l’alternativa? Proclamarci neutrali quando gli scandinavi marciano compatti nella Nato, mentre elvetici e perfino austriaci discettano se archiviare la sceneggiata e prendere la tessera atlantica? Oppure trasferirci sotto bandiera pontificia, protetti dalla guardia svizzera?

Infine e soprattutto, nessuno dei nostri interessi esistenziali può prescindere dal sostegno o almeno dalla benevola astensione a stelle e strisce.

Qualcuno obietterà che agli americani un’intesa speciale con noi importa niente. Falso. Meglio: vero quand’erano egemoni, non oggi che soffrono di incubi diurni e non sanno su chi contare. Normale: la superpotenza attrae finché è tale, non quando pare che i topi stiano per abbandonare la nave — o viceversa la nave scaricare i topi.

A Washington le agenzie strategiche che non intendono assistere al proprio funerale studiano come ridurre la sovraesposizione evacuando postazioni insostenibili o secondarie e condividendo con “amici e alleati” la gestione delle irrinunciabili. Disposte per necessità a pagare prezzi di mercato, se non gonfiati dal cliente.

L’intesa speciale non tocca la nostra pertinenza alla Nato, pur se molti americani e alcuni italiani la considerano peso, non risorsa. Specie in guerra.

Di fatto, Washington la concepì e continua a gestirla come un ombrello retto da patti bilaterali asimmetrici. America perno, noialtri raggi. Ora l’ombrello soffre la tempesta e i protetti non si fidano troppo del protettore. Ricambiati con gli interessi.

L’incrocio delle reciproche necessità implica la revisione dei trattati segreti che regolano i rapporti militari e strategici fra Italia e Stati Uniti. Roba da anni Cinquanta. Preistoria.

Patti ineguali, nemmeno negoziati con l’Italietta appena strapazzata dal trattato di pace e salvata dagli americani, contro gli inglesi che l’avrebbero volentieri spartita in zone di occupazione per poi attribuirsi il controllo della Sicilia e sezionare il resto dello Stivale.

Come primo passo dell’intesa Roma dovrebbe concordare con Washington il superamento del regime pattizio postbellico — se non ora, quando? — e inaugurarne uno coerente al cambio di stagione. Con protocolli pubblici. Il che non esclude codicilli segreti, ma intelligenza vuole che se tali sono è meglio non renderne nota l’esistenza.

Fin qui la forma, che è sostanza. Poi la sperimentazione geopolitica. Guarda caso le aree critiche in cui avremmo maggior bisogno di limitato supporto e aperta benedizione americana appartengono alla classe di quelle che Washington non vuole evacuare ma di cui non può/vuole sostenere i costi. Dai Balcani inclusa l’Ucraina fino al Mediterraneo centrale (Stretto di Sicilia) e orientale, dal Nordafrica al Sahel.

Sul piatto dovremmo mettere importanti risorse economiche, diplomatiche e militari. In cambio Washington dovrebbe offrire sostegno logistico e di intelligence, ma soprattutto esplicito appoggio all’impegno italiano, contro eventuali sabotaggi di “amici e alleati”.

Allo stesso tempo, nulla ci impedirebbe di spendere nell’Euromediterraneo la rete di relazioni privilegiate con Francia, Spagna e Germania, oltre che con la Turchia, magari contribuendo alla pacificazione franco-turca di cui tutti potremmo profittare.

Su queste basi sarebbe per esempio utile contribuire a scongiurare l’installazione di una base russa in Cirenaica (Tobruk?), che in connessione con quella di Tartus in Siria e possibili altre lungo il Mar Rosso minaccerebbero la sicurezza del Medioceano (Mediterraneo allargato). Vitale per noi. Importante per gli americani.

Se l’intesa speciale funzionasse, avremmo posto una piccola ma utilissima pietra alla base della costruzione di un nuovo equilibrio paneuropeo, nostro traguardo strategico di medio periodo.

Fra l’altro, esercizio necessario per rimettere in carreggiata l’Occidente in sbandata prolungata, giusto il principio “ciascuno per sé, nessuno per tutti”.

Lucio Caracciolo