La dieta mediterranea rende più «sano» il microbiota intestinale

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Cibi che portiamo ogni giorno a tavola giocano un ruolo tutt’altro che trascurabile sulla salute. Le nostre scelte alimentari hanno infatti un impatto sulla composizione del microbiota intestinale che potrebbe presto tradursi in una serie di indicazioni valide per la gestione di diverse malattie: dal morbo di Crohn alla rettocolite ulcerosa, dalla sindrome del colon irritabile fino al cancro del colon. Tutte condizioni che oggi risultano in aumento, soprattutto nei Paesi più avanzati. E che, in un futuro non così remoto, potrebbero essere curate riconoscendo un ruolo di primo piano alla dieta.

DIETA E MICROBIOTA INTESTINALE

L’ipotesi, documentata negli ultimi anni da diversi studi, trova conferma anche in un lavoro presentato durante il Congresso europeo di gastroenterologia, appena conclusosi a Barcellona. A condurlo un gruppo di ricercatori del dipartimento di gastroenterologia ed epatologia dell’Università di Groningen, che ha coinvolto poco più di 1.400 adulti: sani e affetti da morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa o sindrome del colon irritabile. A tutti, gli autori hanno chiesto di compilare un diario alimentare: in modo da scoprire le abitudini a tavola. Dopodiché hanno proceduto prelevando un campione di feci da ognuno, per analizzare la composizione della flora intestinale. Ne è venuto fuori uno schema in cui alimenti e modelli dietetici sono stati associati a una maggiore o a una minore presenza di determinate specie batteriche, considerando le conoscenze relative al loro effetto sulla salute dell’intestino. L’analisi ha svelato come i maggiori benefici derivino dall’adozione di una dieta di tipo mediterraneo, che aiuterebbe l’intestino a essere popolato da microrganismi «alleati».

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Sulla base di queste evidenze, i ricercatori hanno definito il menù ideale per «proteggere» l’intestino. Cereali (preferibilmente integrali), legumi, pesce e frutta secca dovrebbero essere gli alimenti maggiormente consumati. La loro assunzione è infatti collegata a una ridotta presenza di batteri aerobici (potenzialmente dannosi) e a una concentrazione inferiore di molecole pro-infiammatorie nel sangue. Un effetto contrario a quello determinato dall’adozione di una dieta occidentale, in cui prevale il consumo ricorrente di carne, cibi pronti o dolci realizzati con zucchero raffinato. In più, una dieta prevalentemente vegetale incrementa la sintesi di acidi grassi a catena corta, prodotti dai batteri «buoni» dell’intestino e principale fonte di nutrimento delle cellule epiteliali del colon (chiamate a riassorbire acqua e sali). Si sa che maggiore è la loro sintesi, più basse sono le probabilità di sviluppare una malattia infiammatoria intestinale e il diabete di tipo 2.                                                                                                                                                          FONTE https://www.fondazioneveronesi.it