Continua apparentemente il trend di moderazione dell’inflazione negli Stati Uniti
I dati pubblicati in settimana stanno facendo vedere una frenata anno su anno per la crescita dei prezzi al consumo (dal 4.90% al 4.0%), ma, come si dice, il diavolo sta nei dettagli: infatti la crescita sequenziale mese su mese della componente Core, al netto di alimentari ed energia, si posiziona stabilmente allo 0.4%/0.5% che, se annualizzata, porterebbe a un’inflazione media del 5% circa, cioè ben al di sopra dei target della Federal Reserve.
Il fatto di avere la componente Core dell’inflazione più elevata dei dati allargati è sintomo del fatto che la crescita dei prezzi si è radicata su livelli elevati e questo deve essere combattuto dall’autorità di politica monetaria.
E infatti in questo senso è andato il messaggio proveniente dalla riunione del FOMC che, pur prendendosi una pausa nel sentiero di rialzo dei tassi (invariati sulla forchetta 5%/5.25%), si è lasciato la strada aperta a successivi rialzi per contrastare questa spinta inflazionistica. Il Presidente Powell ha altresì ribadito che tagli dei tassi non sono all’ordine del giorno nel prossimo futuro e che la strada tracciata dei tassi su questi livelli per qualche trimestre potrebbe essere quella da seguire.
La reazione dei mercati si è concentrata soprattutto sulle parti brevi della curva dei rendimenti, i cui livelli si sono rialzati facendo invertire ulteriormente l’inclinazione della stessa curva. Tassi a 10 anni e mondo azionario sono stati molto composti: la credibilità dell’azione della Fed da un lato e ancora l’elevata liquidità fanno da contraltare a uno scenario sui tassi che indubbiamente poteva essere più costruttivo.



