La peggiore legislatura della storia repubblicana

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La peggiore legislatura della storia repubblicana potrebbe concludersi con un grande classico, la lottizzazione.

Ma non di un ospedale o una università qualsiasi, la lottizzazione del Quirinale. In modo che a fungere da garante della Costituzione vi sia un presidente “di area” pronto a soddisfare le esigenze di chi gli garantisce la rinomata poltrona quirinalizia. La destra ha già rivendicato il proprio turno. Vuole un presidente che appartenga alla sua prestigiosa cultura politica e ne incarni i valori patriottici. E chi meglio del vecchio Silvio. Chi.

Un ligio servitore dello stato di diritto che nel corso della sua parabola ha dimostrato una moralità ferrea e un altruismo grazie al quale ha sempre messo gli interessi pubblici prima dei propri. Il tutto con equilibrio e sobrietà. Davvero un Presidente della Repubblica ideale per coronare la peggiore legislatura della storia repubblicana. In poco più di tre anni i politicanti de noialtri hanno sfoderato l’intero repertorio. Un vero incubo. A dare l’inizio alle danze fu proprio l’osannato Mattarella che non gradì il risultato delle elezioni e si rifiutò di avvallare il governo dei nuovi barbari gialloverdi.

Ci fu qualcuno che invocò addirittura l’impeachment salvo poi rimangiarsi tutto. Un primo segnale di come sarebbe andata a finire. Ma durante i primi mesi di legislatura si verificò in realtà un vero e proprio miracolo per gli standard democratici nostrani. I gialloverdi si misero a realizzare le promesse elettorali e pure di buona lena. Roba mai vista. Peccato che durò poco. Colpa di un altro classico, l’infantilismo democratico. Invece di prendere atto del proprio fallimento storico e della volontà popolare di girare pagina, la vecchia partitocrazia si è messa a sabotare con ferocia il cambiamento gialloverde. Non crescono davvero mai. Senza poltroncina sotto al sederino fanno i capricci.

A dare una mano ai sabotatori politici, la peggiore stampa d’Occidente. Invece che faro, una zavorra. Anche se alla fine a far capitolare i gialloverdi fu Salvini dal Papeete. Delirio di onnipotenza e tafazzismo, altri classici. Tra chiappe al vento e mojiti, Salvini si lanciò verso i pieni poteri salvo schiantarsi subito dopo contro la realtà della politica nostrana. In cui la parola non conta una cippa ma in compenso la poltrona è tutto. Colpo di scena. Il Pd si rimangia l’impossibile e per amor di poltrona si abbassa a governare con quegli scappati di casa a cinque stelle. Arrivano i giallorosa. E’ la fine della fase riformista della legislatura.

E’ l’inizio di un rapporto incestuoso che porterà alla dissoluzione del Movimento e al ritorno della vecchia partitocrazia. Ma la peggiore legislatura della storia repubblicana aveva in serbo altre sorprese. Renzi inscena la mossa del cammello e il quadro si aggrava. Renzi e i suoi amichetti si ritrovano decisivi in parlamento e per rivalsa iniziano a far casino. Non crescono davvero mai. Mesi di sterili bisticci preludio di quella che passerà alla storia come il punto più basso raggiunto dalla politica nostrana dal dopoguerra ad oggi. Una crisi politica senza nessun motivo se non beghe personali nel bel mezzo di una pandemia. Roba mai vista. E non è tutto. Nel resto del mondo si vota, in Italia no. Torna così in scena l’osannato Mattarella che sfodera un altro classico. Il mega inciucio affidato al Salvatore tecnocratico di turno.

Nasce il terzo governo in tre anni mentre del voto popolare ormai non frega più niente a nessuno. Altro che cambiamento radicale, è il trionfo della restaurazione. Esultano le vecchie cariatidi partitocratiche, esulta la zavorra giornalistica. Tutti in ginocchio al cospetto di Draghi e con una poltroncina sotto al sederino i politicanti smettono finalmente di fare i capricci. Non crescono davvero mai e oltre al danno la beffa. Infantilismo democratico e irresponsabilità svendute come maturità e responsabilità. Poltronismo svenduto come sacrificio. Giochetti di palazzo svenduti come politica.

Tutto mentre la pandemia se ne frega e teme solo la scienza e i cittadini che fanno la loro parte. Politica da una parte, realtà dall’altra. Altro grande classico. Davvero nulla di nuovo se non fosse per l’incredibile suicidio politico del Movimento. Tradito prima da Salvini e poi da Renzi, il Movimento va al governo assieme a loro e questo nientepopodimeno che in nome di una transizione ecologica alla supercazzola prematurata. Un suicidio inedito. I rivoluzionari che abbracciano i restauratori e riportano l’Italia agli anni novanta. Roba da non credere.

Tommaso Merlo