LA POLITICA OLTRE LE BARRICATE

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cangini

Prende forma il governo più di sinistra della storia repubblicana, si saldano nuove alleanze che dal Parlamento approderanno alle Regioni, si costituisce, con alte sponde internazionali, un inedito blocco di potere nazionale. Situazione nuova, ma fluida. Tutto, infatti, è in movimento. Tutto è in via di definizione: le identità dei partiti di maggioranza, il quadro politico generale, il ruolo e la direzione dei protagonisti di questa nuova fase politica. Solo Matteo Salvini (e, di rimando, Giorgia Meloni) sembra non percepire alcun cambiamento. La domanda, allora, è: si tratta di un segno di coerenza o di miopia politica?
Sin dalla formazione del governo, e durante i 14 mesi successivi, il capo leghista ha dimostrato che si può abbaiare alla luna di notte e riportare l’osso di giorno. Dal “Savona o morte” all’Economia, all’europeista Tria. Dal “ce ne freghiamo del 3%”, al 2,04. Dalla guerra a Bankitalia alla nomina dei suoi vertici secondo desiderata di via Nazionale. Dagli appelli contro le sanzioni alla Russia, al voto a favore delle sanzioni in Consiglio europeo. Dalla trattativa con la von der Leyen, alla von der Leyen male assoluto. L’elenco potrebbe continuare: sulle questioni che toccano agli assetti del potere, quella di Salvini non è fermezza, ma calcolo politico. Un calcolo sbagliato, che potrebbbe essere corretto non solo nella pratica ma anche nella teoria.
Se le cose avessero un senso, di fronte al centrosinistra che occupa il Palazzo e si allarga ai grillini, il centrodestra dovrebbe serrare i ranghi per rappresentare un’alternativa credibile di governo agli occhi non solo di chi già ci vota, ma anche di quel 50% di cosiddetto ceto medio che alle scorse, caotiche, Europee non se l’è sentita di votare. Ma per farlo occorrerebbe che Salvini (e, di rimando, Giorgia Meloni) la smettesse di abbaiare alla luna e passasse, come auspica il saggio Maroni e come sussurrano tanti leghisti della prima ora, “dalle barricate all’attività di governo”. Se non lo fa non è per fermezza, ma per calcolo. Un calcolo sbagliato. Lo stesso, miope, calcolo in base al quale rifiuta che un centrodestra unito condivida subito una stragedia complessiva per affrontare al meglio le elezioni nelle otto (otto!) Regioni che andranno al voto entro la prossima primavera. Salvini sbaglia i conti. Le sinistre, ancora una volta, lo ringraziano