La riforma previdenziale del Governo Meloni

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La strategia del Governo sembra puntare a rendere difficile e meno conveniente il pensionamento anticipato. Con il passare degli anni, essendo sempre più residuale la componente di spesa associabile al calcolo retributivo degli importi pensionistici (sistema misto)1, il risparmio per le casse dello Stato è divenuto via via meno consistente.

Tutte le forme di pensionamento anticipato, difatti, comportano una riduzione della pensione in cambio della sua erogazione anticipata per alcuni anni. Se questa, con la scomparsa del calcolo retributivo degli importi, si va riducendo di per sé, la convenienza per lo Stato del pensionamento anticipato viene gradualmente meno. E così il Governo ha deciso di renderlo meno oneroso per le casse pubbliche, modificandone i parametri d’accesso, calcolando l’importo degli anni di pensione anticipata interamente col sistema contributivo e abbassando, per di più, il limite di importo massimo consentito dell’assegno mensile (sì, perché non si può andare anticipatamente in pensione con importi troppo elevati).

I lavoratori iscritti alla Cassa pensione dipendenti enti locali, alla Cassa pensione sanitari, alla Cassa pensione insegnanti e alla Cassa pensione ufficiali giudiziari, invece, subiranno una modifica peggiorativa delle aliquote di calcolo della componente retributiva della pensione. A perderci saranno principalmente le pensioni dei dirigenti, ma anche uno stipendio medio-basso come quello dell’impiegato degli enti locali lascerebbe sul campo oltre il 3%, che per redditi di questo tipo non è poco.

Politiche sul pensionamento anticipato

La prima e più diffusa forma di pensionamento anticipato è la Quota. Il D.L. 4/2019 introdusse la famosa “Quota 100”, che permetteva l’uscita dal lavoro al raggiungimento del totale di 100 (62 anni anagrafici e 38 di contributi). Con la Legge di Bilancio per il 2022 (L. 234/2021, art. 1, c. 87) Quota 100 diventò Quota 102 (64 anni e 38 di contributi). Questa revisione consentì di eliminare il Fondo per il pensionamento anticipato (che aveva in dotazione oltre 8 miliardi di € per il 2022), al posto del quale ne venne creato uno per il sostegno ai pensionamenti anticipati dei dipendenti delle piccole e medie imprese in crisi (ma si trattava di soli 150 milioni di € per il 2022) (art. 1, cc. 88-89).
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La Legge di Bilancio per il 2023 (L. 197/2022) ha istituito Quota 103 (62 anni e 41 di contributi). Per la prima volta è stato introdotto un tetto massimo sul valore nominale della pensione percepita (per i soli anni di anticipo, ovviamente), che non poteva essere superiore alle cinque volte l’assegno sociale2 (art. 1, c. 283).

Per accedere al pensionamento anticipato, dunque, i percettori di pensioni lorde superiori ai 2.500 € dovrebbero accettare un’ulteriore decurtazione dell’importo. “Ulteriore” perché, innalzando il limite ordinario per il pensionamento (Riforma Fornero) e poi stabilendo delle deroghe per riabbassarlo, quale ad esempio il meccanismo delle Quote, si ottiene già una riduzione degli importi pensionistici sulla base delle minori entrate contributive rispetto a quelle previste: se si va in pensione anticipata, infatti, si smette di versare i contributi. Il risultato è che poi si matura una pensione ridotta quando fino a pochi anni prima, pensionandocisi con le stesse identiche annualità di lavoro, la si avrebbe avuta intera.

Federico Giusti and Emiliano Gentili