La rissa quotidiana dell’informazione

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La prima ondata non ha cambiato nulla nel nostro paese, non resta che sperare nella seconda. I traumi sono grandi opportunità di cambiamento. Vale per la vita delle persone come quella dei popoli e speriamo che questo anno terribile non venga sprecato. Nel cambiamento di una comunità nazionale gioca un ruolo importante l’informazione e in Italia siamo davvero messi male. È uno dei settori in cui l’arretratezza e il degrado anche culturale del nostro paese è più evidente. Ma dato che le redini del racconto le hanno loro, nessuno ne parla. Come spesso succede da noi, i cittadini sono più evoluti delle cappe che si ritrovano sulla testa. E così invece da fungere da avanguardia e stimolare il cambiamento, la cappa giornalistica nostrana rispecchia i mali del nostro paese e rappresenta una delle zavorre più pesanti che ci trasciniamo dietro. Basta aprire giornali sempre più illeggibili, basta fare zapping tra talk-show sempre più inguardabili. Non si capisce se l’abbiamo imparato a scuola o meno, sta di fatto che il giornalismo nostrano passa il tempo ad aizzare polemiche. Ficcando le dita in finte piaghe, dando spazio a contestatori di professione, scatenando risse sul nulla. Come se il loro lavoro consistesse nel diffondere polemiche e non notizie e contenuti. Come se volessero far leva sugli istinti peggiori del pubblico per accaparrarsene qualche granello in più. Peccato che la grande maggioranza dei cittadini si tiene sempre più alla larga da quella sterile bolgia. E così invece d’incentivare i cittadini ad informarsi, il riottoso giornalismo italiano perde sempre più peso nella nostra società e si ritrova a sopravvivere nutrendosi di élite sempre più snob e di tifoserie sempre più rozze oltre che esigue. Siam messi male. Non si capisce se l’abbiamo imparato a scuola o meno, sta di fatto che il giornalismo nostrano è sempre in malafede. Con quell’atteggiamento altezzoso di chi pesca sempre nel torbido a prescindere. È compito del giornalismo scovare il marcio, ma da noi se quel marcio riguarda i nemici allora si scova anche se non c’è, se invece riguarda gli amici allora si nasconde anche quando c’è. Più che giornalismo protesi d’interessi lobbistici e padronali oltre che di paraocchi partitici e di ere cadenti. Retroscemismo, megafonismo, ballismo, urlismo, schizzofanghismo, polemismo, blablaismo. Con la stessa manciata di tromboni che ci perseguita un giorno sì e l’altro pure. Siam davvero messi male. Non si capisce se lo abbiamo imparato a scuola o meno, ma qualcuno in classe gli avrà pur parlato del ruolo del giornalismo. Che non è quello di assecondare gli istinti peggiori di una società, ma piuttosto contribuire allo sviluppo di una società sempre più consapevole e matura in cui vi sia sempre meno spazio per quell’ipocrisia, quella faziosità e quella violenza in cui sguazza la giungla quotidiana. Un giornalismo che la smetta di arruffianarsi qualche tifoseria alimentando sterili cagnare ma che informi con sempre maggiore obiettività e chiarezza, che indaghi sempre più a fondo nei complessi contenuti della nostra era invece che perdersi dietro a nauseabonde polemiche, che contribuisca ad allargare sempre più lo sguardo sul mondo superando il viscerale campanilismo che ci opprime. Un giornalismo che recuperi la credibilità perduta tornando alle origini. Drizzando la schiena, riscoprendo la deontologia professionale ed emancipandosi da padroni e lobby e liberandosi da paraocchi partitici e di ere cadenti. Nel cambiamento di una comunità nazionale gioca un ruolo importante l’informazione. La prima ondata non ha cambiato nulla nel nostro paese, non resta che sperare nella seconda.                                                                                                                   (Tommaso Merlo)