LA SFIDA

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conte
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Scalpitava il tipo e lo faceva con il tono arrogante da nerd avanti negli anni, che lo caratterizza. E, dopo le sfide in tutte le lingue del mondo lanciate dal padre di tutti i foruncoli fastidiosi, il tipo assurdo che promise il suo ritiro dalla politica un secolo e mezzo fa, il calendario di Confindustria, ne ha presentata un’altra. “Lo sfido io” ha tuonato. E già qualcuno tremava all’idea di una campagna elettorale che gli sarebbe costata qualche milione di euro e, certamente, non era il Cicciobello pariolino.
Le sfide a Conte si moltiplicano. Si attendono quella di Toti sulla conoscenza dei ristoranti liguri e quella di Salvini, a chi è capace di mangiare più wurstel senza bere, alla Sagra della porchetta gravida di Ponte sul Buco. La sfida di Bellanova su come si lavano le cicoriette selvatiche e quella di Rosato a chi le spara più grosse prendendosi sul serio. Senza dimenticare la sfida di puzzette lanciata da Nobili, la più prestigiosa di tutte.
Ma il Presidente Conte non ci sta. E in un comunicato, dopo aver ringraziato Letta per la “leale offerta”, ha declinato l’invito “perché il seggio parlamentare mi toglierebbe tempo prezioso da dedicare alla riorganizzazione del Movimento”. Dimostrando ai Cicciobelli calendari e compagnia cantante, di essere su un altro pianeta rispetto a loro, di essere semplicemente diverso. Di considerare un seggio parlamentare una cosa seria e l’assenteismo una cosa immorale. Tutto il contrario di quelli che lanciano sfide.
Ah, dimenticavo, alcune sfide le ha raccolte: quelle sulla disciplina e onore; sull’etica e la moralità nella politica ed anche quella sulla capacità, checché ne dicano i gallinacei suddetti.
Sfide vinte in anticipo e per distacco.
Giancarlo Selmi