La sinistra dell’ambiguo

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Capita di sentire e di vedere una confusione a sinistra fra Palestina e Hamas. Nelle piazze ma anche nei Talk Show. Non è un caso. C’entra con un senso di colpa, con una dimenticanza, con un’ellissi. Bisogna ammettere che nel tempo che passa la questione palestinese è stata dimenticata. Per anni l’idea di uno Stato pacifico e laico da fondare in quel territorio era una bandiera culturale straordinariamente democratica e una lotta giusta

Il problema è che di tutto questo negli ultimi 15 anni non si è più parlato. E nel frattempo i giovani sono diventati vecchi e i nuovi palestinesi sono cresciuti in un clima di segregazione che ha certo origini a Gaza ma anche nella nostra memoria instabile.

Questo Occidente che si è venduto alla grande Finanza, che ha portato i campionati del mondo di calcio, tra l’altro i più brutti della nostra storia, in quel Qatar che finanzia il terrorismo nel Golfo, facendoci vedere come ogni colpo di pallone possa corrispondere a un metro di tunnel sotterraneo nella Striscia, è la materializzazione delle nostre colpe. Oggi per un giovane palestinese credere che questo Occidente inerme, vecchio, retorico, ridondante, bugiardo possa costituire davvero un’alternativa al loro futuro significa credere alla storia di Babbo Natale, o a qualcosa di simile nella cultura islamica. Per cui il senso di colpa è giusto. Ma quello che non è giusto è dare la colpa a Israele, benché guidata da uno dei governi più lontani dall’idea originaria di democrazia in quello Stato, del nostro disimpegno strutturale sulla più infuocata e complessa questione dell’Oriente vicino.

E così se i giovani di sinistra vanno in piazza con le bandiere della Palestina ma di fatto inneggiano a qualcosa che non ha più un confine netto con il terrorismo la colpa non è né delle manifestazioni, né di Netanyahu. La colpa è nostra. Come ci capita sempre più spesso, il nostro modello demografico si ritrova aperti file che erano abbandonati sul desktop di una quotidianità che ha ceduto la nostra storia e la nostra stessa base sociale a grandi capitali e multinazionali, perdendo il controllo politico delle nostre azioni. Siamo arrivati all’assurdo di vietare delle manifestazioni, cosa che in Occidente non si può non solo fare ma nemmeno immaginare, per pulirsi la coscienza di avere vietato al nostro cervello di imporre nel calendario internazionale quelle che erano le questioni sostanziali per il futuro dell’Europa, sostituendole con interessi di altri, abbindolati come siamo da ormai oltre un decennio dal sogno di un capitalismo che si rinnova senza una nuova visione politica, cosa che come abbiamo davanti agli occhi ogni giorno non è avvenuta e soprattutto non avverrà in futuro.

Mi fa pena quindi sentire che chi è causa di questo più di altri, quella sinistra che ha smesso di criticare il sistema occidentale proprio quando esso degenerava, dopo averlo contestato in anni in cui aveva certo grosse magagne ma funzionava molto meglio di adesso, si trovi a dare la colpa agli altri per il disastro che abbiamo davanti agli occhi. Perché se oggi l’idea di uno Stato palestinese può essere ancora possibile, essa passa per la vittoria di Israele in questa battaglia contro il terrorismo internazionale che certo ha la forma di Hamas ma ne ha assunta anche una più grande e indeterminata che non ha il bene dei palestinesi come obiettivo.

E invece che dire questo, cara sinistra, affermando che gli errori ci sono stati ma che in questi anni possono ancora essere corretti, ti si ascolta confusa vaneggiare e ripetere quella frase che nell’ultimo decennio ti ha resa antipatica ed estranea alla realtà: “voi non capite”. C’è poco da capire, ma quel poco è semplice. E non passa attraverso i distinguo sul terrorismo, né può essere confinato nei limiti di una destra che se non è moderna, eppure governa, non lo fa certo per autoritarismo, ma perché milioni di persone hanno fatto esattamente il contrario di quello che la vecchia classe dirigente democratica sperava: hanno capito questo.

TOMMASO CERNO