La società futura

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Se ci cogliesse l’intuizione che l’intera costruzione sociale serve a generare disuguaglianza, e a renderla evidente per la scelta di un uomo più adatto a sopravvivere nell’impasto civile; se intuissimo che anche il Capitalismo è nato come meccanismo di selezione di questo individuo, non ci lamenteremmo poi che la gente non ce la fa a riconoscere chi si spende per la giustizia.

La politica reale ha l’obiettivo di aumentare i privilegi della propria condizione; la politica narrata, di trovare in questo progetto l’appoggio di coloro a scapito dei quali si realizzano questi privilegi. Vorrei ricordare che la destra è tutta qua, e professa la difesa di quella che essa chiama tradizione (Dio Patria e Famiglia), ossia la demarcazione del territorio e della ricchezza di pochi, difesi dall’insipienza di molti. Ciò che i proprietari prospettano ai più sono gli improbabili vantaggi che deriverebbero da una politica contro i loro concorrenti sociali.

Le sinistre invece predicano ai molti l’attenuazione della disuguaglianza, a volte persino l’estinzione. Ma al di là di altri equivoci epocali in cui si sono imbattute, le sole vittorie che hanno conseguito sono state quelle in cui la lotta alla disuguaglianza è coincisa con l’acquisto di strumenti sociali per elevare la condizione privata. La via del riformismo è fondata su questa erosione progressiva di privilegi, ma dissolve definitivamente la vista sulla contraddizione e sulla struttura dell’intimo ordine sociale di cui potrebbe beneficiare la collettività.

Dopo la caduta del muro le sinistre hanno ammesso la sconfitta storica e sono rifluite in scialbe predicazioni di temi civili nascondendo accuratamente quelle sulla natura dell’ineguaglianza. La vittoria planetaria dei sistemi liberali ha inasprito il conflitto sociale, mentre le masse produttrici sono rimaste orfane delle loro rappresentanze. Allora in tutto l’Occidente si sono costituite organizzazioni spontanee di cittadini contro l’oppressione del Capitale, e ognuna di esse ha indicato una via d’uscita da miserie vecchie e nuove. Il M5S ha avuto il progetto più ambizioso, quello di rifondare la democrazia sulla base dell’onestà, cioè di estinguere il più potente motore della disuguaglianza, la menzogna.

Ma il popolo selezionato da secoli di ingiustizie è incapace di intercettare la struttura sociale, ed è fiero nemico dell’equità. Dalla sua miseria riesce solo a percepire sentimenti come il rancore, l’invidia, l’odio… e ascolta la voce di chi gli prospetta vantaggi privati. Purtroppo la partecipazione politica non è un anelito di massa ma elitario, e la democrazia continua ad essere l’ideazione di un sistema che funziona solo tra pari. Il M5S avrebbe dovuto dichiarare di essere pronto a sostituire la sinistra traditrice della sua missione storica, e avrebbe dovuto smascherare la destra e la predica dei suoi irrealizzabili vantaggi dentro un ordine sociale iniquo. Ma questo era troppo per un moto spontaneo. Tra l’altro – considerando la maggiore iattura dell’intelletto e degli intellettuali -, con la semplice onestà non si riesce ad arruolare un’intera classe dirigente capace di decifrare l’ordine sociale, ma solo sporadici cittadini con eccellenti impulsi morali e civili. Alla fine il Movimento ha preferito arroccarsi nel pragmatismo aideologico e porsi nel mezzo dell’eterna dialettica destra/sinistra osannando il popolo e confidando nella sua comprensione.

Invece la gente segue gli illustratori di sogni, la cui consistenza diventa più grande di qualsiasi realtà se l’elettore è incapace di riconoscere l’utilità di un solo provvedimento. L’attuale sconfitta del M5S è stata già preceduta da quelle della sinistra per tutta la sua storia, perché il popolo, il soggetto della democrazia, è purtroppo nemico della democrazia. Solo l’egemonia culturale potrebbe gradualmente cambiare le cose. Ma com’è possibile realizzarla senza strumenti d’informazione? A quando la legge sull’editoria? La società futura nascerà solo con l’età della ragione, quando saranno dominati l’istinto e il sentimento. Questo Rousseau lo sapeva. Si spera che lo tenga presente anche chi spera di riacciuffare gli idilli con le piazze; poiché la gloria, è un effimero dono degli dei, ma ancora di più delle folle ignoranti.             (Giuseppe Di Maio)