La tattica, vincente, dei media liberisti

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Raramente guardo il giornale o vado su facebook di sera; per evitare di incazzarmi e di dormire male. Perché le notizie che riportano sono studiate per demoralizzare chi aspiri a una società più equa e più giusta o semplicemente sostenibile. Anche le vittorie di chi si opponga al liberismo rampante e al suo irresponsabile consumismo (di prodotti ma anche di idee e di ideali) vengono trasformate in sconfitte: basta guardare i titoli di questi giorni, dominati in Italia da Renzi, personaggio squallido, malvagio e patologicamente egocentrico che ha distrutto ogni cosa che abbia toccato, a cominciare dal Pd e dal suo paese, e che malgrado un indice di gradimento bassissimo viene proposto come inevitabile. Inevitabile? Solo per l’immensa pubblicità che continua a ottenere gratuitamente da giornalisti da lui a suo tempo miracolati e da potenti amici degli amici che si erano oscenamente arricchiti negli anni dell’americanizzazione da lui promossa e imposta – gli uni e gli altri sicuri che sarebbero lautamente ricompensati se tornasse al pieno potere, e di non avere niente da temere o ottenere dall’attuale governo.

È la tattica, vincente, dei media liberisti: scoraggiare chi non sia un conformista o un servo, privarlo della speranza che qualcosa possa cambiare o almeno che ci sia qualcosa da guadagnarci e così allontanarlo dalla politica, dall’impegno. Ma la cosa più tragica, o forse disgustosa, è che chi dovrebbe e potrebbe contrastare l’arroganza del neocapitalismo globalizzato sul terreno, decisivo, del controllo e manipolazione dell’informazione e delle aspettative (un tempo si parlava di coscienza ma la parola ha perso qualsiasi significato), non lo faccia, non so se per paura o incompetenza o stupidità, e si illuda o faccia finta di illudersi che la gente possa da sola riconoscere le menzogne, smascherare bufale e cazzate, comprendere i propri effettivi interessi di medio e lungo termine. Ma quando mai.

La possibilità di opporre con successo la verità alle imposture è finita con l’avvento dei nuovi media e delle nuove tecnologie, con la frammentazione sociale che ne è conseguita e soprattutto con la sostituzione di un’obsolescenza cinicamente programmata e da tanti interiorizzata (la chiamano moda o progresso) a tradizioni e valori; pensare che la superiorità morale porti alcun vantaggio in un mondo in cui il cambiamento è ormai fine a sé stesso, è una patetica giustificazione della propria impotenza o codardia.

Dobbiamo accettare e comprendere questa terribile realtà per poterla combattere. L’ingenuità, le buone intenzioni e le illusioni sono lussi che non possiamo permetterci; servono altre qualità, a cominciare dalla disciplina, dal coraggio, da una lucidità spietata, dalla capacità di contrastare la propaganda liberista con una propaganda altrettanto efficace e, se necessario, ancor più faziosa. I popoli accoglierebbero, sì, una buona novella, come duemila anni fa, ma come quella deve essere in grado di far rinascere la speranza; e oggi, a differenza di allora, non basta la promessa di un futuro migliore: di tali promesse l’immenso apparato pubblicitario delle multinazionali ne fa decine ogni giorno. Occorrono riscontri immediati e concreti, che siccome non possono consistere in risultati (per riportare la società italiana e umana alla virtù serviranno decenni, forse secoli) devono consistere in comportamenti: bisogna dimostrare, nella lotta e anche nella sconfitta, una fiducia e una tenacia superiori a quelle degli avversari. Cominciando con i media: dobbiamo fare controinformazione ma soprattutto rassicurare e creare entusiasmo. Questa guerra la vince, come quasi tutte le guerre, chi non si lascia deprimere, chi non si arrende, chi dia l’impressione (basta l’impressione) che non si arrenderà mai.

(di Francesco Erspamer)