La testimonianza di Di Pietro al processo d’appello trattativa Stato-mafia

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Secondo quanto ricorda l’ex magistrato di “Mani pulite” Antonio Di Pietro, sentito come testimone il 3 ottobre scorso nel processo d’appello sulla trattativa Stato-mafia, alcuni mesi prima delle stragi Giovanni Falcone gli chiese di controllare se, negli appalti siciliani, fossero presenti delle imprese del Nord costituite in associazioni temporanee d’impresa con quelle che, in Sicilia, miravano ad aggiudicarsi i lavori pubblici. In quel periodo, Falcone gli avrebbe anche parlato della presenza di un terzo elemento nelle relazioni tra pubblica amministrazione e imprenditori: la mafia.
Dopo la strage di Capaci, anche Paolo Borsellino gli avrebbe parlato delle stesse cose. Già nella camera ardente, secondo quanto dichiarato da Di Pietro, aveva affermato che era necessario “fare presto” nel coordinare le indagini a livello nazionale, ma senza parlare di mafia-appalti.
L’audizione per l’ex magistrato era stata richiesta dagli avvocati degli ex ufficiali del Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno, interessati a collegare l’accelerazione che ha caratterizzato la messa in atto della strage di via D’Amelio, proprio con quelle indagini sugli appalti siciliani e la mafia, mettendo di fatto in discussione l’ipotesi che, tale riduzione dei tempi, fosse da attribuire alla trattativa tra lo Stato e la mafia. Tuttavia, Di Pietro, anche su sollecitazione del Presidente Pellino, ha più volte confermato che entrambi i magistrati non parlarono mai in maniera diretta di quelle indagini su mafia e appalti, né del relativo rapporto, documento giunto alla conoscenza di Di Pietro soltanto dopo la loro morte.
Per quel che riguarda la tangente Enimont, da 150 miliardi di vecchie lire, l’ex magistrato ha affermato che, nel corso delle indagini, era venuto a conoscenza del fatto che Salvo Lima era entrato in possesso di una parte di quella somma. Secondo il teste, il tramite sarebbe stato il democristiano Paolo Cirino Pomicino. Inoltre, ha dichiarato che altri fondi sarebbero finiti anche in Vaticano. Il suicidio di Raul Gardini avvenne, tuttavia, proprio nello stesso giorno in cui avrebbe dovuto parlare con Di Pietro di queste cose.
Infine, l’uomo di “Mani pulite” ha confermato che, due giorni prima dell’attentato in via D’Amelio, ci fu un’informativa del Ros che segnalava la possibilità di quell’attentato nei confronti di Borsellino e nei confronti dello stesso Di Pietro.
L’ex magistrato, ha concluso affermando che, a suo parere, c’è stata una relazione tra la strage e le indagini sulla gestione degli appalti e la mafia. Subito dopo lo stragismo, infatti, le azioni legislative furono mirate a bloccare la prosecuzione di tali indagini anche da parte di Di Pietro.
Al termine dell’udienza, il Presidente Pellino ha fissato per l’11 novembre la nuova convocazione di Silvio Berlusconi, assente per un impedimento come comunicato dai suoi avvocati.
La novità è che l’ex Presidente del Consiglio sarà sentito nella veste di indagato per reato connesso, quindi, alla presenza di un legale, preso atto della comunicazione da parte della Procura di Firenze che, attualmente, lo sta indagando come presunto mandante esterno per le stragi del 1993.                                     di Enza Galluccio