La vera “favola” dell’unità nazionale

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Claudio Durigon è un leghista piuttosto robusto, molto votato nel basso Lazio, troppo secondo chi sostiene abbia beneficiato della benevolenza

Diciamo così, di personaggi vicini ai clan di Latina. Non gli ha giovato neppure essere stato pizzicato da una telecamera nascosta di Fanpage mentre discorrendo con un conoscente in merito alle inchieste giudiziarie sui soldi del Carroccio assicurava: “Il generale della Guardia di Finanza che indaga lo abbiamo messo lì noi”.

Ora, poiché il suddetto è stato nominato sottosegretario all’Economia nel governo Draghi, i 5Stelle vorrebbero cacciarlo attraverso una mozione parlamentare che al momento non sembra tuttavia raccogliere ulteriori consensi nella larga maggioranza parlamentare. Infatti, più delle amicizie chiacchierate e della vanterie del Durigon (di cui si occuperà chi di dovere) ci sembra interessante il tema dell’unità nazionale – strombazzata come un evento prodigioso insieme alla glorificazione di un premier che quasi camminava sulle acque –, ma che tre mesi dopo si manifesta piuttosto come disunità sulle principali questioni di governo.

Dall’abolizione del coprifuoco (Lega contro Pd e M5S) alla proroga del Superbonus (M5S contro tutti). Senza contare che alla bisogna vengono creati nuovi motivi di contrasto, come il referendum sui magistrati promosso da Matteo Salvini assieme ai Radicali allo scopo di cancellare la legge Severino. Norme che in seguito al rinvio a giudizio sul caso Open Arms potrebbero pregiudicare sul nascere la corsa dell’ex ministro degli Interni verso Palazzo Chigi. La mozione Durigon, infine, ha tanto l’aria di rendere la pariglia ai leghisti dopo che pochi giorni fa avevano cercato di disarcionare, non riuscendovi, Roberto Speranza dal ministero della Salute.

Insomma, a parte gli incensieri in servizio permanente effettivo, era apparso subito evidente che la favola dell’“unità nazionale” fosse appunto tale, buona per mascherare la manovra di palazzo che avrebbe mandato a casa Giuseppe Conte. Il quale, ieri, in una conversazione con il Corriere della Sera, confermando la stima per il suo successore (“una grande personalità italiana”) osserva che “è difficile gestire una maggioranza con un perimetro molto largo”. Infatti. Quanto alla caduta del suo governo, l’ex premier parla di una “convergenza di interessi economici e politici”. Tema che ci sarà tempo per approfondire.

di Antonio Padellaro