Secondo quanto riferito dal governo, le 81 persone messe a morte erano «legate all’Isis, ad al-Qaeda, ai ribelli yemeniti sciiti filo-iraniani Houthi e ad altre organizzazioni terroristiche», «stavano pianificando attacchi a luoghi chiave ed erano dediti al traffico di armi nel Paese». La pena di morte in Arabia Saudita, così come prescritto dalla Sharia (che fonda tutte le leggi del Paese), è prevista per vari reati ed è applicata in numeri tali da classificare il Regno come il primo paese boia al mondo.
Dal 2015 al 2019 sono state almeno 146 all’anno le esecuzioni di morte nel Paese, con il picco nel 2019 che ha registrato 184 casi. Le autorità saudite non hanno rivelato come siano state giustiziate le vittime e non si saprà mai perché i loro corpi non verranno restituiti alle loro famiglie. Il principe ereditario Bin Salman, quello da cui Renzi era andato a tenere conferenze lodando il nuovo rinascimento arabo, aveva promesso di ridurre le esecuzioni, ma, così come non ha esitato a far uccidere un giornalista americano in un’ambasciata in un paese terzo, non ha rispettato la parola data. Ma visto che ora il petrolio arabo ci serve, tutti zitti! La fiera delle ipocrisie.
Mauro Coltorti


