Continua in Russia l’opera seguita alla controrivoluzione borghese di smantellamento dei resti delle conquiste sociali ottenute con la rivoluzione socialista del 1917. Il governo borghese russo capitanato da Putin, dopo aver recentemente innalzato l’età pensionistica di 5 per gli uomini e 8 per le donne, smantellando il precedente sistema pensionistico istituito con Stalin nel 1928,[1] sta procedendo alla cosiddetta “ghigliottina normativa” che – secondo quanto denunciato dal PC Operaio Russo-PCUS[2] – potrebbe manomettere anche un altro caposaldo della legislazione sovietica in materia lavorativa ancora esistente: la regolamentazione della giornata lavorativa.
Il primo ministro Dmitry Medvedev ha firmato lo scorso 11 settembre un provvedimento che da gennaio 2020 inizierà a porre fine a una serie di leggi e regolamenti adottate ai tempi dell’URSS e della RSFSR riguardanti il “controllo e la supervisione statale” delle imprese. Un processo che dovrebbe terminare definitivamente nel 2021 abolendo i requisiti obbligatori a cui le imprese devono attenersi, molti dei quali risalenti al periodo sovietico. Si tratta di un elenco – da completarsi entro quest’anno – di 1992 pagine che racchiude circa 20mila normative che secondo le autorità borghesi russe ostacolano lo sviluppo del paese e dell’economia capitalista, interferiscono con la libertà imprenditoriale e i profitti delle imprese. «È necessario cancellare quegli atti che danneggiano lo sviluppo del paese e limitano l’economia» ha dichiarato Medvedev a Rossiya-24 TV [3] presentando la firma sul progetto che prende le mosse dal messaggio all’Assemblea Federale (il parlamento della Federazione Russa) del febbraio scorso del presidente Putin.



